Gli “esorcismi” di don Michele Barone: il vescovo Spinillo interrogato dai magistrati

di Nicola Rosselli

Cinque ore. Tanto è durato l’interrogatorio, nella mattinata di martedì, del vescovo di Aversa Angelo Spinillo davanti ai pm della procura di Santa Maria Capua Vetere che, coordinati dal procuratore capo Maria Antonietta Troncone, si occupano della vicenda di don Michele Barone, tra presunti esorcismi e violenze. Il pastore normanno è giunto a Palazzo di Giustizia accompagnato dall’avvocato Alfonso Quarto, una presenza non necessaria tenuto conto che Spinillo non è indagato, ma è stato ascoltato a “sommarie informazioni testimoniali”. Cinque ore, dicevamo, che sono servite ai magistrati sammaritani per cercare di capire qualcosa in più sullo scandalo (che si ingrossa ogni giorno di più con nuove rivelazioni) e quale sia stato il ruolo dello stesso Spinillo, considerato che don Michele lo ha tirato in ballo affermando di averlo sempre informato.

Al momento, il sacerdote rimane in carcere (respinta la richiesta di concessione dei domiciliari) con l’accusa di avere spacciato per riti esorcisti abusi e maltrattamenti ai danni di tre ragazze, tra le quali una 14enne. Revoca, invece, dei domiciliari per i genitori della ragazza, disponendo però il divieto di avvicinamento alla figlia e la sospensione della potestà genitoriale. Tutti gli indagati, incluso il poliziotto Luigi Schettino, hanno presentato istanza al Tribunale del Riesame e si professano innocenti. Spinillo sarebbe stato sentito anche sulle presunte pressioni esercitate nei confronti della sorella della vittima e finalizzate a farle ritirare la denuncia contro don Barone oltre che per verificare, come già detto, le dichiarazioni di quest’ultimo che, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha dichiarato che quelli che praticava a Casapesenna erano solo “riti di purificazione” e non esorcismi e che “il vescovo Spinillo ne era al corrente” in quanto “veniva relazionato da me di volta in volta e poi approvava.

Proprio per quanto riguarda le pressioni per il ritiro della denunzia c’è da verificare il significato del colloquio tra lo stesso Spinillo e la sorella della ragazzina, colloquio immortalato in un video trasmesso anche dal programma televisivo Le Iene, finito nei documenti dell’inchiesta. Per Spinillo il “lasciar correre” non era un invito alla sorella a ritirare la denuncia contro don Michele, ma era riferito ai dissidi familiari proprio sulle cure da fornire alla piccola in questione.

Per quanto riguarda il suo conoscere quanto don Michele attuava nella sua attività sacerdotale, il vescovo ha chiarito che quando attraverso altri fedeli seppe che don Barone si dedicava a tali attività, provvide ad ammonirlo alla presenza di altri quattro sacerdoti.

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