Il tribunale del Riesame di Roma, accogliendo un’istanza del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Stefano Rocco Fava, ha disposto per Enrico Caria, 57 anni, ex giudice della sezione Fallimentare del tribunale di Napoli Nord e di quello di Santa Maria Capua Vetere, gli arresti domiciliari per l’accusa di corruzione. Misura cautelare che resta pendente in attesa della decisione della Cassazione.
Caria è coinvolto in un’indagine che tira in ballo 15 persone su presunti illeciti nell’assegnazione di incarichi a professionisti nominati nell’ambito di procedure fallimentari. Il Riesame ha anche disposto una serie di misure interdittive, della durata di un anno, nei confronti di quattro indagati, tra cui la compagna del giudice, un architetto, un consulente e un commissario giudiziale già coinvolto come testimone nella vicenda Consip.
Il Riesame ritiene “concreto il pericolo di reiterazione del reato in quanto fondato su elementi reali e non ipotetici”. Per i giudici della Libertà, Caria “ha commesso reiterate violazioni ai doveri di lealtà e imparzialità nell’esercizio delle funzioni di giudice delegato – è detto nel provvedimento di 118 pagine – tanto da consentire la conclusione che l’incarico presso la sezione fallimentare era per lui anche un canale di entrate integrative per mantenere un tenore di vita probabilmente superiore a quello che il magistrato avrebbe potuto permettersi facendo unicamente affidamento sulle sole fonti lecite di guadagno”.
Il Riesame ha riconosciuto almeno cinque episodi di corruzione, rispetto alla dozzina contestata dai pm di Roma. “E’ emersa una spiccata tendenza di Caria – scrivono i magistrati di piazzale Clodio – a chiedere e ad accettare favori e regalie dai professionisti con cui veniva in contatto, a dimostrazione del fatto che quella di ricevere utilità era per lui una vera e propria prassi, una consolidata modalità di esercizio del potere giurisdizionale”. Tra i fallimenti curati dal giudice Caria c’è quello del consorzio orafo “Oromare” di Marcianise (Caserta).