“Quattro calci nel villaggio”, Pacilio racconta lo sport fatto per passione

di Antonio Taglialatela

Gricignano – “Un libro che racconta storie di un tempo che fu, eppure capaci ancora di ispirare la parte migliore del movimento calcistico, diffuso un po’ ovunque lungo la penisola”. Così Sandro Abbondanza, calciatore del Napoli degli anni ’70, oggi allenatore, scrive nella prefazione del libro di Gennaro Pacilio, dirigente amministrativo di istituti scolastici superiori ma da sempre con la passione per il calcio e lo sport in generale.

“Quattro calci nel villaggio” il titolo dell’opera in cui Pacilio ha messo nero su bianco le storie e gli aneddoti vissuti nella sua lunga militanza come calciatore, allenatore formatosi al centro di Coverciano e presidente di società sportive a Gricignano, un piccolo paese della provincia di Caserta, dove negli anni ‘90 ha anche ricoperto la carica di assessore allo Sport, Cultura e Politiche giovanili.

L’arco temporale degli episodi narrati riguarda, prevalentemente, gli anni compresi tra il 1975 e il 1990: tre lustri in cui il calcio in provincia ha attraversato vicende rocambolesche, tra esordi, scioglimenti, trasferimenti in paesi limitrofi, alla ricerca disperata di risorse concesse da qualche stravagante sponsor locale, giusto per sopravvivere, per iscriversi ancora al campionato successivo.

Storie di calcio vissuto per sana e vera passione da parte di giovani e giovanissimi allievi, per i quali giocare su un vero campo di calcio era già una vittoria perché abituati a tirare calci sulla piazza del paese in mezzo ad auto in sosta, nei cortili dei palazzi o su terreni incolti. Lì le porte venivano delimitate con un due pietre e, ogni volta che il pallone passava, c’era sempre una discussione infinita per stabilire se la palla fosse entrata oppure no.

“Le storie che racconto – spiega l’autore – sono frutto dell’esperienza, ma soprattutto delle atmosfere e degli entusiasmi di quegli anni. E saranno certamente accadute, con modalità molto simili, in centinaia di altri ‘villaggi’ sparsi ovunque in Italia, un paese che ama il calcio come pochi altri al mondo. Per questo penso che esse, pur se ambientate in un contesto specifico, possano rappresentare bene le aspirazioni, i sogni, le ambizioni di una generazione capace di vivere autentici sprazzi di felicità sull’erba di un terreno di gioco, correndo dietro a un pallone, o perfino viaggiando su autobus sgangherati e superaffollati per raggiungere il campo avversario”.

Il libro, edito da Zona Contemporanea, è già disponibile nelle librerie e negli store on line, al prezzo di 15 euro. Presto sarà presentato a Gricignano.

Intanto, ecco un “assaggio” del volume: una trasferta a San Castrese finita con una vittoria ottenuta grazie ad un’allora innovativa tattica del “fuorigioco alla Sacchi”, assai inedita per una squadra di dilettanti, e ad un’altrettanto innovativa “dieta” pre-partita dei calciatori.

<<Trasferta a San Castrese, comune ai confini con il Lazio, a pochi metri dal ponte del Garigliano, che divide le due province Caserta e Latina e, quindi, le due regioni Campania e Lazio. La partita era in programma di domenica a un orario davvero insolito a quei tempi, ovvero all’ora di pranzo, alle 12.30. Praticamente siamo stati i precursori degli attuali orari delle partite di serie A.

Già convincere tutti i calciatori a presentarsi al raduno delle 10.00 è stata un’impresa. Andiamo con il pulmino dello scuolabus guidato da Mimmo Errico che ci accompagnava nelle trasferte più lontane, alternandosi con Benito Lucariello. Alle 11.30 circa arriviamo nei pressi del campo sportivo di San Castrese dopo aver percorso l’Appia. I ragazzi avevano fame, la gran parte di essi non aveva neppure fatto colazione e a quel punto era tardi per mangiare.

A poco meno di un’ora avevamo la partita e non si poteva mangiare certo a quell’ora. Io e Carlino andammo in una salumeria e comprammo le colazioni per tutti. Pane e salumi e bibite in abbondanza. ‘Alla fine della partita ci facciamo un pic-nic sul Garigliano e poi ritorniamo a casa’, promettemmo ai giocatori. Ma la fame cominciava a farsi sentire sempre di più man mano che si avvicinava l’ora della partita. Ebbene, in un momento di distrazione, i ragazzi si avventarono su Mimmo che custodiva tutte le colazioni nel pulmino e cominciarono ad ‘azzannare’. Quando ce ne accorgemmo avevano quasi mangiato tutto. ‘Adesso si che possiamo giocare’, disse uno dei più affamati.

Quell’anno nel corso della preparazione pre-campionato avevamo deciso di applicare la tattica del fuorigioco del Milan di Arrigo Sacchi, che già adottava la prima squadra, l’Under 18. Avevamo preparato le cose per bene e gli avversari, appena superavano la linea di campo, finivano sistematicamente in fuorigioco. Alla fine ne contammo una trentina. Vincemmo con il risultato di 1 a 4 e i tifosi della squadra avversaria ci applaudirono.

Il fatto curioso fu che il campo era situato proprio sotto la piazza principale del paese. In pratica, la partita la vedevano dalle panchine della piazza dove cera anche la chiesa. L’altro fatto curioso fu che al termine del primo tempo, quando si prende il té oppure si beve acqua, i nostri giocatori finirono le cosiddette ‘marenne’ che non erano riusciti a terminare prima della partita. Da questo fatto ho imparato che i giocatori prima della partita, invece di tenerli ‘a stecchetto’, come si dice dalle nostre parti, conviene farli mangiare. Se scendono sazi in campo rendono di più>>.

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