ROMA. Governo Prodi rinviato alle Camere. Da qualche ora il premier dimissionario è salito al Quirinale dal Capo dello Stato, il quale gli ha riferito che rinvierà il governo in Parlamento per la fiducia.
E i numeri? Ci sono? Ieri, durante le consultazioni, l’Unione, nel chiedere il rinvio di Prodi alle Camere, si è trovata compatta nel sostenere che vi è la maggioranza numerica. Questo mentre
In Senato la maggioranza necessaria per la fiducia è quella nota: 163 voti, di cui 156 senatori eletti, più 7 senatori a vita. Ma il quorum scenderà a 161, poiché non voteranno il presidente del senato, Marini (la sua è una consuetudine) e il senatore a vita Cossiga. Incerti (più no che si) i voti dell’italo-argentino Pallaro e quello dell’ex Rifondazione Turigliatto. Più sì che no, invece, per Rossi, Bulgarelli e Franca Rame. Poi ci sono dei voti “aggiuntivi” di singole personalità che potrebbero aderire ai dodici punti di programma proposti da Prodi. A tal proposito, il Movimento delle Autonomie di Lombardo si è tirato indietro, mentre l’ex segretario Udc, oggi leader dell’Italia di Mezzo, Marco Follini, ha confermato che appoggerà la maggioranza.
Ma, nonostante la fiducia, il problema potrebbe ripresentarsi tra 15 giorni, quando si voterà il rifinanziamento della missione in Afghanistan. Su questo tema, l’Unione sta preparando una strategia: al decreto non verrà posta la fiducia, cercando di ottenere i consensi anche del centrodestra. Tuttavia, la strada dell’autosufficienza verrà comunque tentata. I capigruppo, infatti, hanno già concordato di far slittare di qualche giorno l’esame del decreto arrivando in Senato a ridosso della scadenza, rendendo di fatto impossibile qualsiasi modifica. Gli emendamenti verranno concordati solo alla Camera e sono già stati contattati tutti i “dissidenti” (Rossi, Turigliatto, Bulgarelli) per concordare già da ora le modifiche. Insomma, dalla prossima settimana la maggioranza proverà comunque ad “allargarsi”.
In questo scenario, Prodi e il centrosinistra sono consapevoli che andranno a casa nell’eventualità di un’altra caduta. Ecco perché questa situazione potrebbe accelerare dei processi da tempo rimasti in “stand by”: dal Partito democratico allo spostamento del baricentro verso il centro, al fine di ridimensionare l’ala radicale, oggi determinante. Chissà se una prima prova generale dell’Unione non abbia luogo già stamattina, in occasione della presentazione della “mozione
Ricordiamo che ieri, come alternativa a Prodi, si era pensato di affidare l’incarico al segretario Ds Fassino, con l’obbiettivo di creare un governo della durata di almeno un anno e mezzo, al fine di approvare una nuova legge elettorale e una nuova Finanziaria. Altra opzione era il presidente del Senato, Marini, magari appoggiato da Fi e An, ma ha trovato l’ostilità dell’Udeur di Mastella. Ultima ipotesi era l’ex presidente del Consiglio Dini.
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