ROMA. Quello della riforma elettorale è uno dei principali argomenti che stanno animando il confronto tra maggioranza e opposizione dopo l’ormai trascorsa crisi di governo.
Attorno ad esso ruota anche la questione del referendum promosso da Giovanni Guzzetta, 40 anni, avvocato, costituzionalista e docente di diritto pubblico a Tor Vergata, il quale presiede il comitato per il referendum depositato lo scorso 21 ottobre in Cassazione. Il comitato ha come coordinatore Mario Segni (ex leader del Patto Segni e già promotore del primo referendum elettorale nel 1993, quando fu introdotto il sistema maggioritario) ed è composto da 158 persone, tra cui ci sono esponenti del centrosinistra (Boato, Bordon, Capezzone, Cuperlo, D’Amico, Filippeschi, Lucà, Manzione, Melandri, Parisi, Realacci, Rivera, Rossi, Turci) e del centrodestra (Alemanno, Brunetta, Martino, Prestigiacomo, Micciché), oltre a costituzionalisti (Barbera, Ceccanti, Sandulli, Quagliarello, Vassallo) e amministratori (Bassolino, Chiamparino, Cacciari, Poli Bortone, Penati, Pericu). Obiettivo: chiamare i cittadini alle urne per eliminare il “pessimo proporzionale” oggi in vigore, così da superare la frammentazione partitica e i governi di coalizione, arrivando ad un “bipolarismo maturo”.
Ma le forze politiche, di entrambi i poli, preferirebbero che sia il Parlamento ad adottare eventuali provvedimenti in merito. Tuttavia, le opinioni restano discordanti. Per il premier Romano Prodi occorre una nuova legge ma l’opzione migliore sarebbe un “accordo ampio tra i partiti” in modo da evitare il referendum. Invece, per il leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi, tale riforma non rientra tra le priorità del paese, anche perché si dichiara convinto dell’efficacia della legge in vigore, approvata dal suo governo. C’è bisogno, secondo Berlusconi, solo di una modifica alle modalità di elezione al Senato, attualmente basata su scala regionale, portandola su scala nazionale.
Intanto, l’iter referendario va avanti e potrebbe concludersi con il voto nella primavera del 2008.
Ma cosa prevedono i 3 quesiti referendari? Eccoli in dettaglio:
Quesiti 1-2 – “Premio di Maggioranza”. Prevedono (uno per
Quesito 3 – “No a candidature multiple”. Il quesito vuole eliminare la possibilità di essere candidato (e quindi eletto) in più circoscrizioni sia alla Camera che al Senato. “Il ‘plurieletto’ – affermano i promotori – è signore del destino di tutti gli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria opzione”. L’attuale sistema, infatti,prevede che ci si possa candidare e venire eletti in più zone d’Italia (lo fanno soprattutto leader e principali esponenti dei partiti) avendo poi la facoltà di scegliere in quale zona accettare l’elezione (“opzione”) e, di conseguenza, far eleggere i candidati presenti in lista dietro di loro.
Per maggiori informazioni, visita il sito ufficiale del Referendum: www.referendumelettorale.org