SANTA MARIA C.V. Il giorno più lungo, il giorno dei chiarimenti, è stato rinviato. L’interrogatorio fissato per mezzogiorno di ieri, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, è stato spostato alla tarda mattina di oggi, salvo nuovi imprevisti. Il fax che disponeva il rinvio è arrivato alla direzione della casa circondariale quando già i difensori di Angelo Brancaccio, gli avvocati Michele Basile e Maurizio Abbate, erano all’interno della struttura, in attesa di parlare con il consigliere regionale per preparare il confronto con i pm Alessandro Cimmino e Luigi Landolfi.
È stato un disguido tecnico a imporre il rinvio: non erano ancora pronte le trascrizioni dei verbali di interrogatorio di mercoledì scorso, le tre ore di colloquio con il gip Paola Piccirillo e i due sostituti procuratori che hanno coordinato le indagini che hanno portato all’arresto dell’ex sindaco di Orta di Atella e di altre cinque persone. Il colloquio con gli avvocati c’è stato lo stesso. Brancaccio è apparso sconfortato e demoralizzato, provato dalla detenzione e deluso per il confronto saltato, sul quale evidentemente aveva riposto le speranze per chiarire la sua posizione e ottenere la scarcerazione (o almeno i domiciliari) dagli stessi magistrati che ne avevano disposto l’arresto. Non ha, infatti, presentato il ricorso al Tribunale del Riesame, ritenendo di poter chiarire anche fatti e circostanze non contestati nei capi d’imputazione ma raccontati nell’ordinanza di custodia cautelare. Per esempio, la genesi della lottizzazione San Pietro, con l’ipotesi di corruzione (l’imprenditore che ha costruito i cento appartamenti, in alcuni colloqui telefonici aveva fatto riferimento al pagamento di una tangente pari a 24 appartamenti) che il gip non ha ritenuto dimostrata. Tutta da accertare, invece, l’identità della talpa che l’1 agosto dello scorso anno per ben due volte entrò nell’archivio informatico della Procura e comunicò l’iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Brancaccio. In un primo momento si era ritenuto che il responsabile di quella violazione fosse stato il poliziotto Castrese Rennella, arrestato per corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito della stessa inchiesta. Ma quel giorno – ha rilevato il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – non era in ufficio. Di segreti ne aveva svelati altri, come documentano le intercettazioni telefoniche, ma non l’apertura del fascicolo a carico di Brancaccio: in cambio delle prestazioni sessuali di una squillo contattata dallo stesso consigliere regionale diessino, dei lavori di ristrutturazione della sua casa, dell’uso di un appartamento a Caserta per incontrare le donne. Ed è facile prevedere che su questo aspetto, l’identità dell’informatore, i pm insisteranno molto.
fonte: Il Mattino