Sono ormai passati quasi quindici anni dalla tragica scomparsa del giudice Paolo Borsellino, ma il caso viene riaperto.
Era il 19 luglio del ‘92, quando a soli due mesi di distanza dall’omicidio del giudice Giovanni Falcone, Cosa Nostra sferrò un altro duro attacco allo Stato, dove morirono anche agenti di scorta Agostino Catalano, Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina. Il procuratore della Repubblica di Caltanissetta Renato Di Natale ha deciso di riaprire l’inchiesta sulla strage di Via D’Amelio.
Difatti potrebbero emergere nuove responsabilità su alcuni “apparati deviati” dei servizi segreti. I processi che si sono svolti in passato hanno solo condannato gli esecutori materiali della strage, ma nulla si è mai saputo su chi ha premuto il pulsante che ha fatto saltare in aria Borsellino e gli agenti di scorta. Di Natale indagherebbe nuovamente sulla “presenza anomala” di un agente di polizia, in via d’Amelio subito dopo l’esplosione. Un poliziotto che prima della strage era in servizio a Palermo, ma venne trasferito a Firenze alcuni mesi prima di luglio dopo che i colleghi avevano “scoperto attraverso intercettazioni che aveva riferito ‘all’esterno’ i nomi dei poliziotti di una squadra investigativa che indagava nel quartiere di San Lorenzo su un traffico di droga”. Il poliziotto già identificato dai magistrati è Salvatore Mannino, in forza, fino a qualche tempo prima della strage, al commissariato San Lorenzo e sospettato di essere una “talpa”. Ma tutte le indagini all’epoca svolte dalla magistratura sono state chiuse senza ombra alcuna e senza alcuna conseguenza né penale né disciplinare per il poliziotto, che risultò estraneo alla strage.