Il Senato approva la politica estera ma “inciampa” su Kabul

di Antonio Taglialatela

Massimo D'AlemaROMA. Il Senato approva il documento proposto dalla maggioranza sulla politica estera del Governo, illustrata dal ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, e presentato dal capogruppo dell’Ulivo, Anna Finocchiaro, ma “inciampa” sull’Afhganistan.

Ciò a causa della “trappola” messa in atto dal leghista Roberto Calderoli che, con strategie da Risiko, ha portato la maggioranza a votare contro, ovviamente a sua insaputa, alla politica italiana della missione in Afhganistan. Ma andiamo per ordine. Con 159 voti a favore (156 dei senatori dell’Unione e tre dei senatori a vita Andreotti, Colombo e Montalcini), il Senato ha approvato la risoluzione del governo sulla politica estera e, in particolare, sulle missioni militari internazionali firmata da tutti i capigruppo dell’Unione. Già qui i voti degli eletti sono 156, 2 sotto i 158 che chiede il centrodestra. I voti contrari sono stati 153, nessun astenuto. Assenti al momento del voto i senatori a vita Scalfaro, Cossiga, Ciampi e Pininfarina, i senatori della Cdl Selva, Pirovano e Pistorio e quelli della maggioranza Rossi e Turigliatto. Dopo aver approvato la mozione della maggioranza, Roberto Calderoliillustrata nel pomeriggio dal ministro D’Alema, l’aula di Palazzo Madama ha bocciato la risoluzione unitaria presentata dall’opposizione, e firmata da tutti i capigruppo della Cdl, che mette in dubbio la legittimità di Hamas. Sulla mozione il Governo aveva espresso parere contrario. Poi si è votato la risoluzione “trappola” di Calderoli, la numero 11. Il riferimento del vicepremier e’ a una risoluzione ‘trappola’ di Roberto Calderoli, la numero undici approvata a Palazzo Madama. L’esponente della Lega e’ riuscito a far bocciare in Aula al Senato una risoluzione che nel dispositivo approvava la politica del governo sull’Afghanistan, nonostante il parere favorevole del ministro degli Esteri D’Alema proprio su quel dispositivo. Il testo, infatti, è stato votato per parti separate e, secondo l’Unione, si è trattato di un errore materiale nella votazione. Alla fine i si sono stati 152, i no 150, gli astenuti 4. Siccome al Senato le astensioni valgono come voto contrario, i si non sono bastati per l’approvazione. “E’ stata una discussione interessante, mi sembra anche con un esito positivo, al di là della strumentalizzazione abbastanza ridicola di un voto che è maturato per errore materiale dichiarato da alcuni senatori e che era apertamente contraddittorio con la votazione”, ha detto D’Alema, facendo riferimento al “giochetto” di Calderoli. Sull’episodio è intervenuta anche la Finocchiaro che, parlando anche lei di “errore di votazione” ha chiarito che la maggioranza aveva già approvato la politica estera in territorio afghano in una precedente mozione, pertanto la bocciatura della risoluzione numero 11 non rappresenta un problema. Il ministro D’Alema, nella sua relazione antecedente il voto, ha fatto il punto della situazione. Sull’Afhganistan, per D’Alema la vera battaglia da vincere per il governo afghano e la comunità internazionale è quella della “conquista del consenso e della fiducia della popolazione il presidente afghano Karzai con D'Alemaafghana”. Il ministro ha anche condannato i bombardamenti Nato in Afghanistan che hanno provocato vittime civili: “Sono danni inaccettabili sul piano morale e finiscono per compromettere l’immagine della comunità internazionale. Occorre trovare un equilibrio migliore tra esigenza di sicurezza e tutela della popolazione”. Altro argomento, il diritto di Israele ad esistere. A tal proposito, D’Alema non ha manifestato dubbi sul contributo che il governo italiano svolge per la sicurezza dello Stato ebraico e ha insistito sul fatto che se nel sud del Libano “non vi fosse l’Unifil, ma Hezbollah, Israele sarebbe meno sicura”, in questo momento delicato dopo la presa di Hamas a Gaza. “La principale garanzia di sicurezza di Israele – ha però sottolineato – è fare la pace con gli arabi e si è amici di Israele se li si incoraggia a farlo. Questo obiettivo richiede un’azione politica che coinvolga la grande parte del mondo arabo e su questo tema il dibattito è aperto nello Stato ebraico”. Il ministro degli Esteri ha respinto le polemiche sollevate in Italia dall’opposizione circa la lettera che i dieci ministri europei hanno inviato all’inviato speciale del Quartetto, Tony Blair. “L’atteggiamento dell’opposizione fa emergere il rischio – ha aggiunto – che si finisca per trasformare il dibattito sulla politica estera in una palestra di polemiche esclusivamente legate al quadro nazionale”. Inoltre, ha respinto al mittente le accuse di aver proposto negoziati diretti con Hamas: “La lettera dei dieci a Tony Blair – ha osservato – non ha mai proposto che la comunità internazionale apra negoziati diretti con Hamas. La missiva voleva far emergere la necessità di incoraggiare il processo di riconciliazione nazionale all’interno dell’Autorità nazionale palestinese e cercava di rispondere al palestinesiproblema di come evitare una frattura infrapalestinese”. D‘Alema ha ribadito la “forte solidarietà personale” verso Abu Mazen, che ha definito “uno degli esponenti politici che senza dubbio ha dato il contributo più coraggioso alla prospettiva di pace”. E, riguardo alle accuse su un suo mancato sostegno al presidente palestinese dopo le affermazioni su Hamas, ha spiegato che si tratta di un “argomento che farà sorridere i palestinesi. Tutti sanno quanto sia forte il mio legame politico e personale con Abu Mazen”. A questo proposito, il ministro ha ricordato il suo viaggio nell’ottobre del 2001 a Gaza quando fu inviato dall’internazionale socialista allo scopo di incoraggiare Yasser Arafat a nominare Abu Mazen primo ministro. La verità, secondo D’Alema, è un’altra: “Forse, – ha ipotizzato – lo si sarebbe potuto sostenere con maggiore generosità quando egli era al governo prima che si svolgessero le elezioni che portarono alla vittoria di Hamas”.

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