ROMA. Si è concluso stamattina il confronto tra Governo e parti sociali sulla riforma del sistema previdenziale. Dal 2008 si potrà andare in pensione di anzianità con 58 anni di età e 35 di contributi mentre dal primo luglio 2009 per ritirarsi dal lavoro sarà necessario avere raggiunto quota 95 come somma tra età anagrafica e contributiva (ossia 59anni più 36 di contributi).
Questo è in sostanza quanto previsto dalla riforma, che va così a derogare il cosiddetto “scalone” Maroni, ovvero il meccanismo che avrebbe previsto il passaggio da 57 a 60 anni, a partire dal 2008, come requisito minimo per accedere alla pensione di anzianità. L’accordo appena raggiunto a palazzo Chigi tra Governo e sindacati si articola in diverse fasi. Dal primo gennaio 2011 la quota tra età e contributi è stata fissata a 96 (con età minima 60 anni) mentre il primo gennaio 2013 passerà a 97 (con età minima a 61 anni). Per i lavoratori autonomi lo schema è aumentato di un anno. Quindi andranno in pensione nel 2008 con 59 anni e nel 2013 con almeno 62 anni. Entusiasta è stato il ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa: “Abbiamo scritto l’ultimo capitolo della riforma pensionistica, è un risultato notevole che abbiamo inseguito a lungo. Spesso in un clima rumoroso e di eccessiva sfiducia. Valeva la pena di passare la notte in bianco per inseguirlo fino all’ultimo”. Più cauti invece i sindacalisti della Cgil che attraverso il loro segretario generale Guglielmo Epifani fanno sapere: “È stato un confronto duro e difficile, la Cgil ha firmato per presa d’atto il documento del governo riservandosi di fare tutti gli approfondimenti lunedì sul testo finale e completo”.