AVERSA. C’è una piccola chiesa in Aversa, che risale ad un periodo compreso tra il XII ed il XIII sec. E c’è una piccolissima chiesa in un paesino dei sub-pirenei: Rennes-le-Château. Nell’una come nell’altra esiste un mistero legato ad un’antica iscrizione criptata.
Ad Aversa, come a Rennes-le-Château c’è di mezzo un parroco che la “vox populi” afferma avrebbe trovato un tesoro.
Ad Aversa come a Rennes il mistero dell’iscrizione potrebbe essere collegato a qualcosa che ha a che vedere con gli onnipresenti Templari o con i Catari-Albigesi della Linguadoca (quelli della famosa crociata del 1209 indetta da Innocenzo III, per intenderci).
Sembra che ce ne sia abbastanza per tracciare un percorso di ricerca parallelo di carattere misterico-esoterico e storico-culturale.
LA CHIESA DI S. MARIA A PIAZZA
Non sappiano con sicurezza se la Chiesa di Aversa, di chiarissimo stile romanico, sia intitolata a S. Maria o a S. Maria Maddalena. La denominazione con la quale oggi è conosciuta potrebbe essere il frutto di un’aferesi. Sta’ di fatto che nella sua sacrestia sono stati ritrovati cinque segni riportati nel disegno più sotto.
Questi segni (o simboli) hanno immediatamente aperto il problema della loro decodifica cioè di una lettura correlata sia alla loro origine e significato intrinseco che al contesto nel quale si trovano collocati.
I segni cui mi riferisco adornano il soffitto di ciò che, un tempo, probabilmente era una parte del cielo dell’abside.
È un fatto che l’attuale “status loci” non corrisponda alla pianificazione originale, molto più antica. Un attento esame del luogo indica chiaramente un avvenuto cambio sia di destinazione che di disposizione dei locali che compongono la Chiesa a seguito di una prima ristrutturazione di epoca imprecisata, ma sicuramente in antico.
Si può rilevare con sufficiente approssimazione:
- Che la chiesa originariamente aveva un diverso orientamento ed una diversa planimetria;
- Che i lavori di ristrutturazione, tanto per cominciare, conferirono una diversa sistemazione topografica del complesso ecclesiale relegando la porzione di spazio nella quale insistono i segni alla più umile, sebbene non meno importante, funzione di sacrestia;
- Che in antico la Chiesa era a tre navate con transetto pur restando a pianta rettangolare.
Negli anni ’45-’50, il manufatto venne sottoposto a nuovi lavori di restauro e sistemazione (tra l’altro venne abbassato il piano di calpestio al livello attuale, ed emerse l’odierna configurazione) allo scopo di recuperare l’antico manufatto.
Purtroppo il risultato non realizzò le aspettative di recupero. Ma fu proprio durante questi lavori che gli scavatori trovarono una cripta (oggi scomparsa) ed il Parroco “P.” avrebbe trovato il tesoro di cui parla la tradizione popolare (ma del quale non esiste documentazione di sorta).
Queste brevi considerazioni di premessa sono indispensabili per chiarire quelle vicissitudini che hanno reso la configurazione complessiva a prima vista “strana” nel complesso navata-abside e dell’insieme rispetto alle entrate principali in esercizio.
Infatti la Chiesa ha oggi due ingressi ma, stranamente, l’ingresso principale non si trova in fondo alla navata, di fronte all’altare maggiore, bensì in posizione laterale, ed ipotizza un camminamento parallelo ad un transetto… che non esiste più.
I simboli in questione, nella posizione originaria, insistevano perciò nell’abside per una chiara integrazione funzionale al culto.
In altri termini mi sembra lecito ritenere che di questa loro finalizzazione debba tenersi conto nel tentativo di stabilirne il significato.
Lo schizzo che segue è un rilievo a mano libera che non ha assolutamente la pretesa di costituire una pianta o un rilievo planimetrico. Esso serve unicamente a contribuire alla chiarezza del testo.
LA CRIPTOGRAFIA: DESCRIZIONE DEI SEGNI
Quella che io definisco criptografia consta di cinque simboli in rilievo sul soffitto della attuale Sacrestia.
Un pessimo restauro (volutamente tale?) Ed una orribile tinteggiatura a calce, in assenza di adeguata illuminazione, non consentono un adeguato rilievo fotografico a livello amatoriale. Mi servirò, quindi di uno schizzo che consenta, almeno, l’individuazione dei segni.
Si tratta sostanzialmente di tre varianti di un unico segno (la croce nei segni 1, 3, 4 e 5); uno di questi ha in effetti la variante di un cerchio puntato (segno 3); a questi si aggiunge il segno di una losanga (segno 2). Nello specifico:
- Il segno 1 rappresenta evidentemente una croce;
- Il segno 2 è una losanga;
- Il segno 3 rappresenta una stella iscritta in una circonferenza;
- Il segno 4 è ancora una stella costituita dalla sovrapposizione di due croci;
- Il segno 5 probabilmente rappresenta una variante della croce “celtica” ovverosia una variante della svastica.
È evidente che la funzione dei segni è connessa al quella di culto.
Su questa prima approssimazione dobbiamo tener anche conto di altre circostanze che, nella versione originale, caratterizzavano l’esistenza ed il significato dei segni. Alludo alla “visibilità” ed alla “fruibilità” da parte dei fedeli.
Naturalmente non possiamo sapere se esistesse (come appare probabile) analogo rilievo nell’angolo diametralmente opposto delle vecchia la Chiesa (in basso sulla destra).
In ogni caso la collocazione all’estremità di sinistra di un ipotetico transetto, rendeva i segni visibili dai fedeli per i quali dovevano necessariamente avere un significato preciso, analogo a quello che le comuni iscrizioni attualmente possiedono ed esercitano in termini di condizionamento all’ambiente e di suggestione dei fedeli.
Questa è la considerazione che mi induce a ritenere plausibile l’idea dell’esistenza di una seconda serie di simboli all’altro capo dell’ipotetico transetto; peraltro quei segni erano simboli, cioè vere e proprie icone alle quali era affidata la trasmissione di un messaggio esattamente come le iscrizioni.
Con l’unica differenza che l’icona colpiva la fantasia del fedele analfabeta (non si dimentichi che siamo nel basso medioevo).
I SEGNI E L’IPOTESI STEGANOGRAFICA
Ci troviamo di fronte, in altre parole, ad una vera e propria forma scrittura segreta, ossia “steganografica”, costituita da segni esoterici secondo i principi codificati nel trattato dell’abate Giovanni Tritemio, alchimista e mago dogmatico del medioevo XIV sec., Di cui ci parla Eliphas Levi nella sua “Histoire de la Magie”.
Nel suo trattato, intitolato appunto “Steganographica”, Tritemio ci spiega che i segni poligrafici sono sempre suscettibili di lettura a patto che riusciamo a decodificarli.
Proprio ai fini di una corretta decodifica, dobbiamo fare alcune necessarie premesse che riguardano la “scrittura simbolica” altrimenti definita “scrittura rebus” o “metalinguaggio”.
Infatti il simbolo, a differenza dell’analogia, esprime mediante un segno, un concetto di natura non definibile con parole umane, vale a dire un concetto “trascendente”.
Ne consegue che il segno deve necessariamente avere valore “universale”: ciò che il segno significa per me, ha identico significato per tutti coloro che frequentano lo stesso ambiente ovvero operano in identiche condizioni.
Non è un caso che la società medievale costituisse il trionfo del simbolismo soprattutto nei campi della religione-teologia, dell’arte, della musica.
Tornando ai tempi attuali, pur essendo la vita costellata di simboli, a noi moderni appare difficile comprendere ed accettare una simile premessa, perché abbiamo quasi perso qualunque contatto con certi simboli e, in particolare, col simbolismo religioso. Basterà pensare alle forme più comuni tra i simboli che ci circondano più comuni per comprendere che ancor oggi comunichiamo con il mondo mediante metalinguaggi: mi riferisco al simbolismo del linguaggio scientifico, di quello matematico, astronomico e musicale.
Senza dimenticare che siamo quasi tutti computer dipendenti: conversiamo con un calcolatore in maniera simbolica e ci serviamo del calcolatore al quale trasmettiamo istruzioni parimenti in forma simbolica. Del resto Bertrand Russell ci ha detto che, forse in maniera inconscia, noi utilizziamo presupposti logici che rendono possibile l’impiego della matematica
Mi riferisco alle astrazioni universali del punto (.) E dello zero (0) definiti assiomi matematici i quali non necessitano di definizione perché formanti parte del patrimonio intellettuale di ciascuno di noi.
Si tratta di due segni di antichissima memoria; essi costituiscono un “insieme” (il punto coronato) ben noto agli egiziani che vi leggevano al tempo stesso, il nome della divinità solare (Râh), il segno alfabetico “R”, ed il determinativo Râ o Rê che introduceva i nomi propri dei faraoni: questo insieme simbolizza infatti il sistema solare e ne riparlerò tra poco.
Presso i Greci, il valore del punto coronato venne assunto dalla croce che, con l’andare del tempo, divenne simbolo solare per antonomasia, strettamente collegato a Febo (Foibos = luce, sole per eccellenza) del quale talora ricordava la lotta col Serpente Pitone (puqwn = strisciante, melma, nato dalla terra).
Ritengo, che nel caso che ci riguarda, sia logico trovare al primo posto il segno della croce (il nostro segno 1) ben noto ai greci, arcaici e meno arcaici (al punto che la lettera “c” è l’iniziale della parola cristos e, al tempo stesso, geroglifico della croce.
I Greci della classicità avevano già riprodotto in vario modo la “c” (chi) nel fregio della “Fonte Castalia” a Delfi.
La rappresentazione successiva è Illuminante per chiarire cosa intendo per simbolo. L’immagine rappresenta l’unione del segno ormai noto (la croce), con l’aggiunta di un elemento che appena s’intravede, come una codina, al di sotto del braccio verticale (il serpente schiacciato alla croce).
La croce è, a tutti gli effetti, uno dei più antichi simboli mistici usati dall’uomo.
Quello che ci conduce fuori strada quando ne vediamo il geroglifico è la pretesa di considerare la croce un segno sacro puramente cristiano. Il che non ha alcun fondamento. Prova ne è il fatto che le vestigia della croce si trovano nei monumenti più antichi, sino alle inesplorate profondità delle epoche arcaiche.
Assurnasirpal e Saudiraman, le cui statue si conservano nel British Museum, portavano un monile speciale a forma di croce; e cruciformi sono gli orecchini delle tombe puniche nei Mophet di Cartagine, della Sardegna, e della Sicilia.
Il segno, conosciuto in tutto il mondo ed in varie epoche ha molte varianti (dalla croce ansata o Ankh, alla croce tolteca (passando per la croce latina a bracci disuguali, senza parlare delle croci araldiche) che non interessano in questa sede.
Invece mi interessano molto alcune varianti presenti nel nostro schizzo: quella della croce a sei braccia iscritta in un cerchio (segno 3) e la doppia croce sovrapposta (quasi un “asterisco” che troviamo nel segno 4). Pure interessante è la variante detta “croce celtica” meglio nota come “svastica” (3) e della “Sauvastica” (si individua, ma non si capisce se sia una Svastica o una Sauvastica, nel segno 5).
Il segno 3 che ho definito “asterisco” è, in effetti, una evoluzione dei due segni elementari: il punto e la circonferenza che ho definito rispettivamente “inizio” e “sistema solare”.
In qualche maniera nel segno 3 il punto è esploso tanto da presentarsi come una croce a 6 bracci.
Orbene: 6 è il doppio del numero perfetto per antonomasia (il segno 3) e, dal punto di vista del geroglifico, indica proprio il sole che esplode. Certo l’ideatore non si riferiva al “big bang” ma più semplicemente all’esplosione di una nova o di una supernova (che ad esempio i sumeri conoscevano bene per aver osservato all’esplosione di Vela X: mito di E. A. in Michanowski).
Il simbolo solare, in qualche modo, ha una forza raddoppiata.
Il segno 4 si presenta come due croci sovrapposte, tali da formare una croce a 8 bracci. Il simbolo traduce un geroglifico molto potente nel quale sono presenti i due primi numeri pitagorici: sia il 2 che il 3 (non a caso (8 = 23).
Questo segno riproduce la doppia divinità e corrisponde al nostro “figlio del Padre”.
A questo punto, teoricamente siamo in grado di decodificare i segni 1, 3, 4 e 5.
Se, infatti ipotizziamo – come appare logico – che la croce rappresenti la divinità, ci troviamo di fronte a 4 segni che, in qualche modo sono organizzati in ordine di potenza cioè di importanza.
Quanto al valore di partenza del segno ricorderò che “Gli iddii solari furono sempre figurati sotto forma umana oppure con una svastica” (quello che ruota = moto solare = rigenerazione = vita).
IL SEGNO DELLA CROCE ED IL SIMBOLO SOLARE
Il segno della croce, costituito da quattro bracci, disposti intorno ad un fulcro centrale ed indicanti un movimento di rotazione in senso orario, simbolo di vita e rigenerazione, è diffuso in tutte le civiltà del mondo.
Normalmente la croce ruota in senso orario ed i bracci rappresentano il continuo svilupparsi, trasformarsi e rigenerarsi della vita e della realtà.
Il senso rotatorio è quello del cosmo e rappresenta, quindi, il potere trascendente del Cielo. Si pensi alle croci proprie delle religioni orientali ed in generale, alle croci celtiche. Nella simbologia carolingia indicava che il potere dell’imperatore si evolveva in accordo con la legge di Dio.
Ma, come ho accennato, esiste anche una croce ruotante in senso antiorario. Il movimento antiorario o sinistrorso indica un principio di sovversione o che ha la pretesa di prevalere sulla legge divina.
Presso i Greci il principio della croce destrorsa venne personificato in Febo-Apollo (“la luce creatrice”: Orfismo) ed in Hermes (“la luce che accompagna” l’uomo nel trapasso).
Ermes è, tra l’altro, personificazione della sapienza esoterica (melius: ermetica) per cui Hermes venne assunto come l’interprete, la “parola” e “il verbo” stesso (questo era il senso della collocazione dei busti di Ermes nei crocicchi delle strade maestre (= la via della sapienza) che, non a caso, erano cruciformi).
Per lo stesso motivo Mercurio, con Sole e Venere, costituiva una sorta di trimurti impersonata da una testa Triplice (si pensi al latino Giano tricefalo); oppure in forma cubica, senza braccia, perché la “facoltà di parlare può predominare senza l’aiuto delle braccia e dei piedi”.
D’altra parte con i Pitagorici il cubo andò a rappresentare la Tetrachtis il numero quattro che, con i primi tre numeri forma la decina, origine di tutto il reale, l’assoluto panteistico.
Per i buddisti, i cinesi e i mongoli, la Croce e il Cerchio e la Svastica significavano “diecimila verità”, ognuna delle quali rivela i molti misteri dell’universo, della cosmogonia primordiale e della teogonia.
LA CROCE CELTICA O SVASTICA
La Svastica si trova scolpita o dipinta sulla roccia, nella Scandinavia precristiana e in tante isole e terre semisconosciute del nostro globo.
La svastica, o croce uncinata (“croix cammée”, “Haken-kreuz”) è assai più antica di quella del Nazionalsocialismo tedesco. I suoi inizi si confondono con gli albori della nostra e di altre civiltà terrestri.
Si perde nella notte dei tempi perfino l’origine della parola che, in sanscrito suona “su-As” e significa “bene essere”, cioè “bene augurante” ovvero in sanscrito “svasti” (= salute). Ma già prima di allora fu motivo ornamentale che si ritrova non soltanto nel mondo indoeuropeo (Mesopotamia ed Elam) ma anche nelle terre collegate: Tibet, Cina e Giappone.
È notevole il fatto che la svastica si sia diffusa specialmente in certe aree, come quella egea nella Troade (proprio a Híssarlyk: le museruole di Troia), a Cipro e a Creta, e in quasi tutta la Grecia, mentre è rara all’interno del continente europeo, ed in Italia, ove si presenta su vasi ed urne di stile geometrico-villanoviano. In ogni caso il motivo della croce uncinata è anteriore alla prima età del ferro, sebbene solo in questa si sia veramente diffuso.
Fino al 1910, cioè fino alle pseudo-scientifiche ed arrischiatissime interpretazioni storiche di Guido List non fu segno di razza, di etnia, o comunità: List ne fece un segreto segno germanico e la proclamò emblema del più puro arianesimo e la svastica divenne insegna di gruppi e leghe antisemite.
Tuttavia l’esatto significato di questo segno, è tuttora incerto e controverso. La svastica, limitatamene all’india, dovrebbe corrispondere ad un simbolo solare. La disposizione dei segmenti da destra a sinistra pari ad un movimento rotatorio da Est ad Ovest, come appunto quello dei sole, parrebbe confermare questa ipotesi; ma è sempre una pura congettura.
La Cosmogonia è la dottrina religiosa, filosofica e scientifica che spiega l’origine e la formazione del mondo, mentre la Teogonia è la scienza che tratta della discendenza degli Dei. Perciò la Svastica, al pari della Croce Ansata nell’antico Egitto, era posta sul petto dei defunti.
In India la svastica è “Dharma-Chakra” (la Ruota della legge) che appartiene alla tradizione buddistica, segno di affrancazione dal vincolo della reincarnazione (Sam-Sara).
Gli esoterici ritengono che la svastica indiana ruoti in eterno sull’asse immutabile di Agarthi.
LA LOSANGA
Il secondo segno (losanga) che troviamo nella nostra sacrestia era conosciutissimo dai pitagorici. Esso rappresentava la “Tetrachtis” (tetractis) dove il numero quattro indicava tutto ciò che esisteva ne mondo materiale e, più precisamente sia quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco) che le coordinate dello spazio (punti cardinali).
Il segno 5 è un simbolo solare: la stella circondata da un cerchio (l’universo, il sole). Da un punto di vista teologico è il simbolo della divinità, una variante del punto coronato di cui ho già detto.
UNA POSSIBILE LETTURA D’INSIEME
Se la lettura del singolo segno appare – tutto sommato – chiaro, quello dell’insieme, appare dubbio almeno sotto il profilo storico se non ermeneutico.
A prima vista sembrerebbe corretta la seguente lettura:
“Gesù (il 5° simbolo), figlio del Padre (4° simbolo) ha creato (3° simbolo) la terra (2° simbolo) e il cielo (1° simbolo)”.
oppure:
“Il Padre ed il Figlio hanno creato la Terra ed il Cielo“.
Vediamo ora se una simile ipotesi possa reggere quando dal singolo segno passiamo, per così dire, alla loro “semantica”. Infatti mi sembra evidente che ognuno dei simboli costituisca una evoluzione del precedente e che, nella sostanza, si riducano ad un singolo segno nella sue varianti grafiche.
C’è qualcosa che costituisce l’essenza del mistero e risiede in due elementi estranei al contesto storico-religioso locale: il segno 2 (pitagorico) ed il segno 5. Essi mi appaiono come un’eco di posizioni gnostiche o catare (il segno 3) o addirittura Templare o post-Templare (il segno 5).
Come affermava spesso Fulcanelli “di più non mi è concesso di dire” anche perché la mia è un’ipotesi di lettura, ma non è l’unica possibile e onestamente al momento non ne ho altre con un minino di validità.
C’è un elemento estraneo nella leggenda urbana che accompagnò l’esito dell’ultimo restauro.
Nella vicenda si inserisce il sospetto del Tesoro. Cosa trovarono gli sterratori? Cosa nascose il Parroco dell’epoca?
Ad Aversa nessuno lo sa o è in grado di attestare una qualunque diversa ipotesi: se esiste un segreto devo dire che è stato tenuto benissimo.
Ma è a questo punto che s’innesta la storia di Père Saunière e della Tour Magdala.
RENNES-LE-CHÂTEAU COME AVERSA?
Ci spostiamo ora nella Francia del 1892 e precisamente nella minuscola Chiesa parrocchiale di Rennes-le-Château, piccolo centro del Dipartimento dell’aude a pochi chilometri da Carcassonne.
Il parroco, l’abé François Berenger Saunière, era sul punto di dare il via ad un “affaire” per molti aspetti simile a quello di Aversa.
La vicenda che coinvolse l’abé è talmente nota che non merita mi dilunghi molto sulla stessa. La sintetizzerò in poche parole.
Saunière era afflitto da grossi problemi finanziari: la Chiesa a lui affidata era in pericolo di crollo ed egli non aveva il denaro necessario a curarne le ristrutturazione.
Però, improvvisamente, trovò tanti soldi che, non solo recuperò il cadente manufatto, ma acquistò anche terreni ed immobili e realizzò la costruzione della Tour Magdala dedicata a S. Maria Maddalena.
Cosa era accaduto?
Questa specie di miracolo finanziario è stato attribuito ad alcuni fattori concomitanti, uno più misterioso dell’altro:
- Il ritrovamento di alcuni manoscritti che solo il Vescovo di Carcassonne riuscì a vedere;
- Un soggiorno a Parigi;
- Un quadro di Nicolas Poussin;
- Una frase sibillina;
- Una setta misteriosa e tanta cattiva fantasia.
Interessante appare la conclusione per la quale Saunière fosse riuscito a costruire un vero e proprio mistero, quello di Rennes-le-Château, con l’ausilio di alcuni giornalisti e scrittori faziosi, di una perpetua incontentabile ed un albergatore lungimirante; il tutto conditola un romanzo divenuto un “best seller”
PRIMO MISTERO: I MANOSCRITTI
Durante il restauro dell’altare Saunière avrebbe trovato manoscritti risalenti al XIII secolo.
Il vescovo di Carcassonne, cui Saunière li aveva mostrati, non dimostrò grande entusiasmo (anche se, probabilmente, largì la somma di cui il Père necessitava).
Ne seguì il viaggio di tre settimane a Parigi, la ricerca di uno specialista qualificato ad esaminare i manoscritti ma anche le visite al Louvre e l’acquisto di riproduzioni di quadri, tra cui la copia di un dipinto di Nicholas Poussin (“Pastori d’Arcadia”) nei mercatini della Rive Gauche. Perché?
SECONDO MISTERO: I PASTORI D’ARCADIA
Il quadro di Poussin era stata realizzata intorno al 1640 e rappresentava un sarcofago sul quale campeggiava l’iscrizione “Et in Arcadia Ego”. Ebbene l’originale – realmente esistente – si trova proprio a Rennes-le-Château dove Poussin non si sarebbe mai recato pur conoscendo benissimo il paesaggio riprodotto nel quadro.
Quale significato avevano il quadro e l’iscrizione?
TERZO MISTERO: LA LAPIDE DI PIETRA
A Rennes-le-Château gli operai avevano trovato una lapide di pietra e solo Saunière ebbe modo di vedere cosa celasse.
Da quel momento il parroco effettuò una serie di esplorazioni nei luoghi circostanti mentre i lavori di restauro, sospesi per mancanza di fondi, ripresero con grande dovizia di denaro che consentì a Saunière la realizzazione di varie imprese (tra l’altro, la “Tour Magdala”).
Saunière morì nel 1917 senza avere problemi finanziari.
Da dove veniva l’improvvisa ricchezza?
TERRIBILIS EST LOCUS ISTE
“Terribilis est locus iste” cioè “Questo è un luogo terrificante”, massima dal sapore dantesco, fu fatta incidere da Saunière sul portale della chiesa. Perché?
UNA SETTA MISTERIOSA E TANTA CATTIVA FANTASIA
La setta cui alludo è il Priorato di Sion. Sarebbe stato fondato da Goffredo di Buglione nel 1099 e ne avrebbero fatto parte personaggi di assoluto rilievo di tutta l’Europa come Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Robert Boyle, Isaac Newton, Victor Hugo e Jean Cocteau. (4)
Di fatto ha origini meno nobili e comunque più recenti. Fantomatico gruppo, che in effetti fu creato dai nazisti per giustificare la campagna antisemita.
Per circa settant’anni l’enigma della ricchezza del parroco rimase a far parte dell’immaginario locale. Fino a quando l’esoterista Gerard De Sede, specialista nel ritrovamento di tesori nascosti, formulò la tesi secondo la quale Saunière aveva decodificato un complicato codice che coinvolgeva, sia i manoscritti (Primo mistero), che il quadro di Poussin (Secondo mistero).
Questo codice avrebbe consentito a Saunière di arrivare alla scoperta di un tesoro maledetto nascosto (Terzo mistero).
Tuttavia la spiegazione per quanto ingegnosa è scarsamente convincente.
Tanto per cominciare perché usare la frase “Terribilis locus est iste”?
E poi: dove e come avrebbe trovato il tesoro?
E ancora: a chi era appartenuto l tesoro?
Provò a fornire le risposte il giornalista Henry Lincoln giornalista della B.B.C. che attribuì a De Sede gran parte del mistero. Egli ipotizzò che Gerard De fosse un seguace dell’improbabile quanto misteriosa setta nota come “Priorato di Sion”.
Questo significava unicamente spostare il problema in senso soggettivo e chiaramente non soddisfece nessuno fino a quando, nel 1982, Lincoln pubblicò la tesi ardita quanto improbabile di “The Holy Blood and the Holy Grail” seguito da “The Messianic legaci” e “The Holy Place”. La tesi sposata da Dan Brown nel “Codice da Vinci” di chiara impostazione antiromana.
Con i detti testi entrano in scena i Templari ed il Graal, senza contatto con i fatti di Rennes-le-Château ed il mistero resta affidato unicamente alla apoditticità.
Difatti tutte le tesi del Lincoln dipendono da un fatto indimostrato: Saunière avrebbe trovato un altro documento (mantenuto segreto) da cui sarebbe scaturita la decriptazione con chiavi fornite dal quadro di Poussin.
Saunière in questi sconosciuti codici sarebbe riuscito ad individuare, intorno a Rennes-le-Château, numerosi luoghi sacri collegati da quelli che gli archeologi chiamano “leys” e formanti due perfetti pentacoli intrecciati e cioè una stella a dieci punte che avrebbe individuato un tempio alla Grande Madre del Neolitico ben noto ai Templari.
A questa tesi si possono sollevare due obiezioni:
- Che i presupposti su cui si basa sono difficilmente sostenibile e comunque non dimostrabili;
- Parimenti non dimostrabile è l’esistenza dell’ulteriore documento, al quale dovrebbe far capo la decriptazione del codice che avrebbe dovuto essere basata sul terzo documento rimasto sconosciuto.
L’AFFAIRE SAUNIÈRE ED IL GRAAL
È a questo punto che la tesi sfocia nella pura e gratuita denigrazione di principi comuni sia alla Chiesa Cattolica romana che a quella anglicana.
Ritengo di potere affermare che la tesi risente dell’integralismo anglicano.
Per conferirsi una parvenza di logicità la tesi imbocca una delle strade più battute: quella del Graal che ha autorizzato qualcuno a parlare di un falso nel mistero dei Rennes-le-Château.
Teoricamente finora avremmo dimenticato completamente la Tour Magdala. Ma gli autori non scartano niente.
ll trait d’union è appunto il Graal: Lincoln ipotizza una linea di Sangue Reale (Cristo-Maddalena, … Merovingi: d’onde Sang Real, San Greal, Sang Réal, Sang Royal”, Sangue Reale, Graal.
Sarà bene notare subito che i Vangeli sinottici non parlano di una discendenza del Cristo sicché gli anti-papisti di marca anglicana hanno dovuto inventare una discendenza di Cristo facendo della Maddalena la moglie di Gesù. Dalla coppia sarebbero nati dei figli e di qui la stirpe reale.
Dopo la Crocifissione, la Maddalena, insieme con almeno un figlio, sarebbe stata portata in Gallia, dove esistevano comunità ebraiche e quindi dove avrebbe trovato rifugio.
I discendenti di quel figlio, attraverso nozze dinastiche con romane e visigote, intorno al V sec. Avrebbero incontrato la stirpe dei franchi dando origine alla dinastia merovingia.
Come si arriva a Rennes-le-Château?
Secondo una leggenda tramandata oralmente, anziché in croce, sarebbe morto di vecchiaia in quel di Marsiglia. Però – guarda caso – il suo corpo mummificato si trova tuttora nei pressi di Rennes-le-Château e sarebbe stato ritrovato da Henry Lincoln, amico manco a dirlo di Bérenger Saunière.
Lincoln gli avrebbe consegnato una pergamena sconosciuta sulla quale sarebbe stato scritto il seguente messaggio:
A DAGOBERT II ROI ET A SION EST CE TRESOR ET IL EST LA MORT
(A Re Dagoberto II e a Sion appartiene questo tesoro, ed egli è morto là)
Poi sarebbe comparsa la pergamena della Chiesa, la visita a Parigi e l’interesse per il quadro di Nicholas Poussin con l’iscrizione
“ET IN ARCADIA EGO”
Proprio da quel momento il parroco cominciò a compiere le esplorazioni del circondario finché i lavori di restauro ripresero con grande dispendio di denaro insieme all’edificazione della Tour Magdala, fece decorare la chiesa di strane statue e incidere sull’architrave il famoso aforisma.
In conseguenza dell’acquisita ricchezza Bérenger Saunière fu accusato di simonia e, sospeso a divinis, venne reintegrato per intervento diretto del Vaticano. Alla sua morte per ictus cerebrale, i suoi beni furono ereditati dalla perpetua, tale Marie Denarnaud.
L’AFFAIRE SAUNIÈRE ED IL TESORO
L’unico dato plausibile nei fatti riferiti è la possibilità che la “prova” del Cristo in Linguadoca fosse nascosta a Rennes.
Orbene la leggenda voleva che proprio a Rennes gli Albigesi (o Catari) avessero nascosto un “tesoro”.
Il tesoro non fu mai trovato ma la notizia che Gesù sarebbe morto a Rennes e che gli Albigesi ne possedessero la prova rendeva gli albigesi pericolosi al punto da giustificare l’indizione della crociata.
Ma quale tesoro se gli Albigesi avevano fato voto di povertà?
Si sarebbe trattato di un tesoro dato a loro in custodia dai Templari in quanto emanazione del famigerato “Priorato di Sion”.
I Catari – o chiunque per loro – avrebbero nascosto la genealogia dei discendenti di Cristo su pergamene codificate proprio nella chiesa di Rennes.
Ne deriva che sarebbe stato più opportuno chiamare “segreto” quello che venne definito “tesoro”.
L’espressione “Egli è morto là” riportata dalla lapide potrebbe essere riferita proprio al presunto sepolcro nelle vicinanze di Rennes e riprodotto nel quadro di Nicholas Poussin.
La lettura steganografica della Scritta “ET IN ARCADIA EGO” consisterebbe nell’anagramma:
I! TEGO ARCANA DEI
(Vattene! [Io] Custodisco i segreti di Dio)
Peraltro nella chiesa di Rennes è conservata una statua sulla cui base è incisa la scritta.
L’AFFAIRE SAUNIÈRE: TEMPLARI E ROSA+CROCE
Non dimentichiamo, tra l’altro, che la vicenda del tesoro dipende – in gran parte – dalla vicenda di Marie Denarnaud, alle prese con un asse ereditario probabilmente di scarso interesse.
Fu Marie a diffondere la voce di un tesoro per rendere appetibili beni poco appetibili?
Fu Noel Corbu, acquirente probabilmente “truffato”, allo scopo di lanciare un ristorante per un turismo da creare in una zona senza attrattive?
Non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. Di certo c’è che fu proprio Corbu che confusamente rilanciò la storiella dei Templari. Ma c’è anche il fatto che gli esoteristi contribuirono notevolmente al “lancio” di Rennes-le-Château a causa del sapore misterico del collegamento Catari – Templari.
Tra questi esoteristi c’era non a caso Gérard de Sede, l’autore di “Le trésor maudit”.
Oggi sappiamo che i pretesi “manoscritti” sono un falso; che non esiste discendenza di Dagoberto II; che non esistono Merovingi pretendenti al trono di Francia; che l’Ordine di Sion non è mai esistito (le tracce del Priorato si esauriscono in un atto di registrazione depositato nel 1956).
Vi è unicamente da aggiungere un ultimo tassello riguardante il diario del capomastro autore della costruzione della famosa Tour Magdala.
Egli avrebbe rivelato di aver ricevuto l’ordine, da Sauniere, di nascondere una cassa sotto questa torre. Nel 2001, il red scan ha evidenziato l’effettiva esistenza, di un parallelepipedo (apparentemente una cassa).
Ma dal 1965 il Sindaco di Rennes ha vietato gli scavi nella zona per impedire devastazioni e danneggiamenti da parte di scavatori improvvisati.
CONCLUSIONI
Nell’affaire Rennes-Le-Château, forse come in quello di Aversa, sono frammitisti e confusi elementi oggettivi, supposizioni e fantasie delle più varie specie. Dati oggettivi che possano giustificare quelle o altre conclusioni non sono stati trovati.
Ad Aversa il testo criptico è dinanzi agli occhi di chi voglia vederlo; a Rennes-Le-Château invece non ci è traccia proprio dei testi criptici, di genealogie o testi semplicemente enigmatici.
Nessuno dei due sacerdoti ha peraltro lasciato nulla di scritto né è ipotizzabile rivelazioni di eredi o terze persone.
In entrambi i casi non possiamo far altro che scrivere la parola… mistero.
di Stelio Calabresi (Edicolaweb.net)