IRAQ. Visita a sorpresa in Iraq del presidente americano George W. Bush. La tappa improvvisa è stata decisa nell’ambito del viaggio verso l’Australia, a Sidney, in occasione del summit Apec.
Bush ha lasciato Washington nella notte per raggiungere con l’Air Force One la base aerea irachena di Al Asad, nella provincia di Anbar, a ovest della capitale Baghdad. Al seguito del presidente il segretario di Stato Condoleeza Rice, il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Steven Hadley, e il capo del Pentagono, Robert Gates, quest’ultimo giunto separatamente), i suoi più stretti consiglieri militari in Iraq (il Capo di stato maggiore interforze, generale Peter Pace, l’ammiraglio William Fallon, comandante delle forze americane in Medio e Vicino Oriente, e il generale David Petraeus, numero uno del contingente in Iraq) e il suo portavoce Geoff Morrell, il quale ha affermato che Bush incontrerà le autorità irachene, il premier sciita Nouri al-Maliki e i capi tribù sunniti della provincia occidentale di al-Anbar, tra le più pericolose del Paese. Sarà, dunque, un vero e proprio “consiglio di guerra”. Ciò testimonia come gli sceicchi della zona abbiano negli ultimi mesi cambiato radicalmente fronte, schierandosi contro i guerriglieri di al-Qaeda e al fianco del governo. Una riunione ad alta concentrazione di massime autorità che si tiene a corta distanza dal 15 settembre, data fissata per la presentazione del rapporto sulla situazione delle sicurezza in Iraq, alla luce dell’invio di ulteriori truppe deciso per gennaio dall’amministrazione americana.
Intanto, la Gran Bretagna ha ufficializzato il completamento del ritiro delle proprie truppe da Bassora, seconda città dell’Iraq e principale centro petrolifero del sud del Paese, dove il contingente britannico ha avuto il suo quartier generale fin dall’invasione iniziata quattro anni e mezzo fa. Il premier Gordon Brown ha ribadito che si tratta di una decisione già annunciata e organizzata con largo anticipo, e pertanto non è da intendersi come una “sconfitta”, bensì come un “passaggio di consegne” alle forze irachene.
Ma a Londra ben pochi concordano. “Fine ignominiosa di un esercizio futile che ha ucciso 168 britannici”: così l’Independent commenta l’annuncio di ieri sera sullo sgombero del Palazzo di Saddam a Bassora e in toni meno sferzanti gli altri quotidiani londinesi fanno più o meno lo stesso, disastroso bilancio. Che i 550 soldati del reggimento ‘Four Rifles’ acquartierati dentro il Palazzo fossero sul procinto di andarsene lo si sapeva da parecchi mesi: quell’edificio era diventato indifendibile. Quasi ogni giorno e ogni notte veniva bersagliato dai colpi di mortaio. I militari di spola con la grande base all’aeroporto (chiamata Basra Air Station) venivano sistematicamente assaltati. Brown, inoltre, ha sottolineato che le truppe passeranno a ruolo di “supervisione” e saranno pronte a reintevenire solo nel caso la situazione di sicurezza sul capo lo richiedesse. Entro la fine dell’autunno (probabilmente già ad ottobre) il Regno Unito passerà formalmente il controllo della provincia di Bassora (l’ultima ancora sotto la sua giurisdizione) alle forze armate irachene e a quel punto il grosso dei 5.500 soldati di Sua Maestà farà ritorno in patria.
Anche dagli Usa vi è irritazione per la decisione della Gran Bretagna. Alcune settimane fa fonti dell’esercito americano rivelavano: “È un ritiro deciso a causa della situazione politica in Inghilterra. In poche parole, i britannici hanno perso Bassora, se mai l’hanno avuta. La Gran Bretagna è in difficoltà per mancanza di sostegno politico a casa. Gli americani sono delusi perché pensano che si possa vincere. Questa storia lascerà un’ombra sulle forze armate britanniche”. Insomma, il rapporto idilliaco tra Usa e Gb, dovuto allo stretto rapporto tra Bush e il precedente premier britannico Tony Blair, è ormai solo un ricordo.