Avvezzi come si finisce per essere, talvolta, ad uscite teatrali di alcuni personaggi come Roberto Calderoli, si corre il rischio di perdere il filo.
Accettare tutto come l’ennesima banale e reiterata “dichiarazione colorita” di un personaggio che di folkloristico e colorito ha abbastanza. Ma ogni volta che il personaggio si ripete, senza mai smentirsi, in atteggiamenti “discriminatori”, l’abitudine lascia posto allo sdegno, le parole urtano contro la membrana di sopportazione che uno si costruisce.
La membrana, alle volte, viene sfondata. Le parole sono preziose. Bisogna saperle usare. Calderoli, suo malgrado, non lo sa fare. O meglio, il suo vocabolario contiene espressioni, modi di dire, vocaboli e fonemi che poco si adattano a quello che dovrebbe essere l’atteggiamento di un vicepresidente del Senato. Ma questo è arcinoto. E l’uscita di oggi non fa altro che confermare il profilo di un personaggio che ha di singolare la sua totale incompatibilità con un qualsivoglia sistema democratico. E che, paradossalmente e nostro malgrado, rappresenta una importante carica istituzionale. Il signor Calderoli, in merito alla possibilità che venga costruita una moschea a Bologna, ha espresso così il suo contrario parere: “Metto personalmente fin da subito a disposizione del comitato contro la moschea sia me stesso che il mio maiale per una passeggiata sul terreno dove si vorrebbe costruire la moschea, esattamente come a suo tempo feci in quel di Lodi, dove la fatidica moschea non è mai stata realizzata in quanto il terreno, dopo la passeggiata del mio maiale, fu considerato infetto e pertanto non più utilizzabile. E visto che dalle nostre parti c’é ne piena l’aria potremmo organizzare in futuro il maiale-day, ovvero concorsi e mostre per i maiali da passeggiata più belli da tenersi nei luoghi dove chiunque pensi di edificare non un centro di culto ma il potenziale centro di raccolta di una cellula terroristica”. Voilà. Prosaico fino all’inverosimile.
Fortunatamente c’è chi non la pensa come lui, come il ministro per
Calderoli è famoso per queste allegre dichiarazioni. Per la sua (e dei leghisti) inequivocabile capacità di rendere slogan vendibile per il “Popolo della Lega” ogni processo complesso. Ridurlo, attraverso una ottusa e comoda enfasi, a coro da lanciare nei suoi comizi per le piazze padane. Ma il punto non è questo. Chi scrive non pretende che Calderoli la pensi come lui. Chi scrive vorrebbe, semplicemente, ricordare che il principio fondante di una democrazia non è il privilegio della maggioranza, ma la tutela delle minoranze. Ed in questo Calderoli è inadempiente, sebbene una naturale maturità etica e l’ossequio alla sua carica istituzionale lo imporrebbero. E invece si tira in ballo la democrazia quando c’è da estrapolarne un comodo principio: ognuno può dire la propria. Ma dov’è il sacrosanto rispetto delle minoranze? Con che pretesa si assurge Calderoli a rappresentante di una carica di uno Stato democratico (o presunto tale) se non assolve i suoi doveri? E soprattutto, quando si potrà parlare di una reale politica d’integrazione, nei confronti degli immigrati, invece di sbandierare, ogni volta aggiornato e corretto, il vecchio spauracchio degli islamici terroristi? Passa da qui la vera svolta in tema d’immigrazione del nostro Paese. Il che non significa mettere da parte, con allegra ingenuità, il pericolo di una minaccia terroristica. Ma, piuttosto, nel circo Barnum dell’informazione e della disinformazione, dare un peso autentico ed effettivo alle cose che accadono. Provando a vederle, queste cose, senza fumo negli occhi.