L’inferno del traffico aversano

di Redazione

trafficoAVERSA. I cantieri aperti sulla Variante e il cambiamento di alcuni sensi di marcia hanno complicato ulteriormente la circolazione automobilistica ad Aversa. Chiunque voglia recarsi da una parte all’altra della città deve tenere in conto dai 25 ai 40 minuti e passa di colonne d’auto, zig-zag tra cantieri e imprevisti di varia natura.

ll disagio maggiore è in direzione della stazione ferroviaria, già bloccata dai lavori, dove poter arrivare in tempo per acciuffare un treno per andare all’università o al lavoro richiede levatacce mattutine. Oltre al problema del parcheggio, la via principale per accedervi, via Magenta, è costantemente bloccata dal traffico, creando problemi seri al sistema nervoso anche del più calmograttini pe ril parcheggio cittadino. Si parla di aumentare il costo dei parcheggi, chiamando questo atto “rivoluzione”, ma più che una rivoluzione è un’ultima beffa ai danni dei cittadini, i quali non possono usufruire di trasporti pubblici in grado di collegare le zone cittadine ed i comuni limitrofi. E’ impossibile poter parlare di una politica volta a disincentivare l’uso dell’auto e contemporaneamente alzare il prezzo dei (pochi) parcheggi, scoraggiando l’utilizzo di altre forme di viabilità. Provare ad aumentare i trasporti pubblici sia intercomunali che cittadini, così da rendere più semplice l’accesso e l’uscita da e per Aversa, in più costituire una rete di parcheggi in zone periferiche e collegarle alla città con il trasporto pubblico, potrebbero essere soluzioni non così impossibili. Non capiamo poi perché i parcheggi debbano costare così tanto, quando poi le aree di sosta dell’ANM in prossimità delle stazioni della metropolitana (cioè Piscinola, Frullone, Chiaiano) prevedono per l’intera giornata un costo di 1,10 euro. Forse l’asfalto aversano è più costoso, o forse gli aversani sono più ricchi, chissà, ma non si riesce a capire la differenza tra posti a distanza di 12 km. Concludendo, la spiacevole sensazione del cittadino è riassunta in una celebre battuta di Totò : “E io pago!”.

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