CARINARO. Si terranno questa mattina gli interrogatori degli arrestati nel corso dell’operazione coordinata dalla procura del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha portato all’arresto dei vertici del consorzio Impreco. Intanto, dall’ordinanza emessa dal gip sammaritano Egle Pilla si apprendono nuovi particolari su quello che doveva essere un sogno che avrebbe portato nell’agro aversano ben cinquantuno stabilimenti che avrebbero dato vita alla filiera dell’abbigliamento.
L’intera indagine della guardia di finanza mira ad accertare come l’operazione “Impreco” avesse come obiettivo principale quello di realizzare sì gli stabilimenti, ma senza alcun apporto da parte dei privati. Il consorzio aversano, infatti, aveva già ottenuto la prima quota di un contratto di programma stipulato con lo Stato, ammontante a poco meno di ventuno milioni di euro e stava per ottenere la seconda tranche di poco più di ventidue milioni di euro. Per confermare definitivamente il primo finanziamento e per ottenere il secondo sarebbe stato necessario dimostrare l’apporto di mezzi propri da parte delle imprese coinvolte. Per fare questo gli imprenditori avrebbero dato vita ad un vero e proprio tourbillon di assegni e bonifici bancari a cascata con la complicità del responsabile dell’epoca (i fatti risalirebbe soprattutto tra il 29 e 30 giugno 2004, quando girarono ben tredici milioni di euro) che si sono praticamente scambiati tra loro e le tre o quattro imprese edili interessate alla realizzazione degli stabilimenti. Operazioni bancarie rese possibili dal presunto coinvolgimento nell’affare del responsabile dell’epoca del Centro Imprese del San Paolo Banco di Napoli, Umberto Colonna, tra gli arrestati. Tutta da verificare, comunque, le posizioni dei responsabili delle imprese consorziate che non hanno riconosciuto le firme apposte sotto i contratti stipulati a loro nome. Tutti hanno ipotizzato che a sottoscriverli sia stato il presidente dell’epoca Luigi Giangrande, ad eccezione dei soci di una di esse, che hanno affermato di aver autorizzato lo stesso Giangrande a sottoscriverli con il proprio nome e cognome. Insomma, in questo caso, un falso autorizzato.
Il Mattino (NICOLA ROSSELLI)