ORTA DI ATELLA. Riceviamo e pubblichiamo il commento di un nostro lettore, Antonio D’Agostino, sullo scempio che si sta perpetrando nel borgo di Casapozzano.
Ogni qualvolta porto qualche amico, conoscente, turista, a Casapozzano, questi rimane colpito dalla bellezza del Castello Ducale, con i suoi comignoli, gli stemmi nobiliari, le iscrizioni in marmo che raccontano di epoche lontane, lo strano, prezioso connubio tra un’architettura che fonde in sé il carattere delle costruzioni aristocratiche con le forme essenziali del mondo rurale. In questo luogo si respira un’atmosfera diversa. Chi è abituato a sopravvivere nell’asfissiante labirinto dell’enorme periferia napoletana, nei disastri causati da geometri e amministratori disattenti e senza buon senso, vicino ai centri commerciali che, chissà perché, in Campania crescono come funghi (sempre di più, sempre più iper), giunto a Casapozzano rimane catturato dalla sua atmosfera: è come se la sua architettura gli offrisse non solo un momento di sosta piacevole, ma un ristoro per lo spirito. E’ questa la caratteristica dei luoghi antichi, la cui storia ci parla attraverso segni, odori, in cui è ancora possibile assaggiare il sapore delle relazioni. Il borgo di Casapozzano ha una sua anima e la offre generosa agli occhi del passante, anche quello più disattento, che se ne innamora, che la fa sua. Malgrado i maltrattamenti all’intorno e i danni impressi da scelte barbariche, è il respiro di quest’anima che sussurra la sua presenza. E pare quasi di sentire le voci, innumerevoli, della sua storia. Il borgo ha subito – e continua a subire – colpi, ferite sempre più gravi, da parte delle istituzioni che per prime hanno consentito la costruzione di palazzine inverosimili, brutte, sciatte, dai colori che stridono con il contesto e rompono l’atmosfera dell’intero sito. Ci chiediamo perché gli abitanti non si siano opposti. Se ancora sentono, con lo stesso spirito di un viaggiatore qualsiasi, la magia di questo luogo. Perché nessuno ha manifestato dissenso di fronte a scelte cosi bizzarre, mediocri, feroci? L’ultimo dissennato atto risale a poche settimane fa, quando il palazzo del Marchese di Bugnano viene assalito, demolito in gran parte, dalle ruspe. L’edificio sorge nella piazza dedicata al poeta, vate del bello,Virgilio. I denti metallici dei caterpillar si sono mossi freddi e spietati per il paese: in pochi giorni - tra lo sgomento silenzioso dei cittadini – hanno raso al suolo il complesso. Poi una tregua. L’intervento dei carabinieri, non tempestivo ma efficace. Il cantiere viene fermato. In quei giorni, al bar della piazza, un raro luogo di cortesia e umanità, si sentivano i commenti delle persone. Incredulità nelle parole e negli sguardi. Qualcuno parlava di dolore, “di malessere fisico”, insopportabile. Distruggere un luogo è distruggere la memoria dei suoi abitanti. Cancellare in un attimo i ricordi, collettivi, pubblici, privati. Distruggere un luogo è impoverire, affamare i suoi abitanti. D’improvviso si è tutti più vuoti, spaesati, violati. In questi giorni alcuni cittadini hanno urlato la propria indignazione denunciando, segnalando alle autorità competenti, quelli che in molti hanno definito “un atto di vandalismo legalizzato”. L’indignazione deve continuare a muoversi, ad agire per la difesa del bello, della storia, delle persone! La civiltà deve vincere sulla sete di soldi, sull’affarismo dei palazzinari! Non è solo una speranza, è un grido, un richiamo, una sentenza.