Casa per ragazze madri nella villa del boss

di Redazione

Municipio CasaleCASAL DI PRINCIPE. Donne maltrattate, vessate e annullate ma anche donne sole, senza un lavoro né un tetto: per loro nascerà una casa famiglia. L’ufficializzazione è arrivata ieri mattina, nel corso di un convegno tenutosi nella sala consiliare del comune di Casal di Principe alla presenza del sindaco Cipriano Cristiano e del vice-prefetto Imma Fedele.

Sindaco e Vice PrefettoLa Casa delle donne maltrattate e ragazze madri sarà realizzata nell’edificio confiscato al camorrista Dante Apicella. Un immobile di 450 metri quadrati costruito su oltre 1000 metri quadri di terreno, stimato in 600 mila euro. A gestire le attività sarà Agape, un consorzio di ottanta cooperative sociali e oltre mille dipendenti. «Per trasferirci – dichiara Luigi Lagravanese, presidente dell’Agape – aspettiamo ora solo la consegna delle chiavi». Nel territorio casalese una casa famiglia per ragazze madri, la seconda della provincia di Caserta, la prima è a Maddaloni, esiste però già da due anni. Si trova in corso Umberto I, in un appartamento che viste le richieste in arrivo giorno dopo giorno, è diventato troppo piccolo; attualmente ci vivono venti ragazze con circa trenta bambini. «Il nostro lavoro – spiega Sofia Flauro, pedagogista di comunità – mira a valorizzare le potenzialità genitoriali di ogni madre ospitata». «Quel che è necessario è salvaguardare il diritto di essere madre e ancora di più – commenta Stella Scialpi, direttore della casa circondariale di Pozzuoli – il diritto di essere figlio. Un gruppo appartamento infatti, che mira a ricostruire il calore di una famiglia oltre a essere un concreto atto di solidarietà nei confronti di un piccolo in difficoltà, previene l’abbandono e sostiene il reinserimento». Quelle che ricorrono alle comunità sociali, sono donne che hanno un vissuto intenso e difficile, il più delle volte vittime di violenze psicologiche e sessuali. Secondo le statistiche, nell’ultimo anno il numero delle vittime è stato maggiore di quello dei morti a causa di incidenti stradali e malattie. La casa famiglia rappresenta l’unica via d’uscita possibile e immediata. Costruirla in un bene confiscato, restituendo alla società il maltolto dalla camorra, ne raddoppia il significato. «Rappresenta il segno tangibile – afferma il sindaco Cristiano – che i casalesi sono sulla via del riscatto e che nella vita di una persona, così come in quella di un intero paese, niente è mai del tutto perso. La soluzione arriva sempre». Un aiuto che nelle parole di don Carlo Aversano, prete casalese, parrocco di SS Salvatore in piazza mercato, diventa «mano di Dio al servizio di quanti hanno il desiderio di uscire dal disordine. La camorra – continua il prelato- ci ha infangato e ci ha tolto l’aria facendoci credere di aver perso pure la speranza, riprendendoci invece, quel che ci è stato tolto, donarlo a chi ha bisogno di ricominciare, è la dimostrazione che possiamo ancora farcela». Fra i presenti, ieri mattina, anche i rappresentanti della Regione con Anna Malinconico dell’assessorato pari opportunità e Sebastiano Ferraro, consigliere provinciale.

Il Mattino (TINA CIOFFO)

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