Quale futuro per la politica italiana?

di Redazione

Giulio AndreottiQuando si sentono o si leggono spesso parole come “Prima Repubblica, Seconda Repubblica, Terza Repubblica” non può non venire in mente il celebre intercalare di Mike Bongiorno dei tempi di “Rischiatutto”: “La uno, la due o la trè? Ahiahiai, signora Longari”.

Ciò per dire che, alla luce degli ultimi fatti politici nazionali (nascita del Ppl di centrodestra e del Pd di centrosinistra) è perfettamente inutile parlare di Terza Repubblica se prima non comprendiamo a fondo i motivi della crisi della Prima e dell’aborto della Seconda.

CnlE bisogna necessariamente partire da lontano. La Prima Repubblica è nata su un “patto fondante” che poi si è sostanziato in un paradigma di valori-base condivisi dai contraenti; un paradigma che si chiama Costituzione repubblicana e laica. Il patto fondante era il patto del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln), un patto forte, suggellato dal sangue versato nella Resistenza. E i contraenti erano i sei partiti componenti lo stesso Cln: democristiani, socialisti, comunisti, repubblicani, liberali e azionisti. Partiti che con poche variazioni (azionisti che vanno in parte nel Psi, in parte nel Pri, in parte nel Psdi e qualcuno da indipendente nel Pci) sono durati fino al 1992, assumendo la definizione di “arco costituzionale”. Tutti i citati partiti, qualcuno “obtorto collo”, agivano all’interno di un sistema di valori-base condivisi. La dialettica politica era fisiologica e non patologica come ora.

Bettino CraxiAd un certo punto, però, cade il muro di Berlino (simbolo e sintesi delle contrapposizioni ideologiche Est-Ovest che trovavano ampio riflesso anche nel nostro Paese), di seguito arriva il “ciclone Tangentopoli” e scompaiono i contraenti di quel patto originario. Nascono nuovi soggetti politici estranei al “patto fondante” (Lega e Forza Italia) dal quale, ovviamente, non si sentono vincolati. Addirittura una forza politica dichiaratamente contraria a quell’originario patto cresce in maniera consistente: parliamo del Msi poi divenuto An. E così il sistema originario si avvita in una crisi strutturale da cui non è ancora uscito e la dialettica politica diventa simile più o meno alle guerre di religione. Nessuna traccia di valori-base condivisi trai due poli, tranne una generica sensibilità democratica (e ci mancherebbe!).

All’alba del Terzo Millennio ci siamo ritrovati, insomma, una classe politica nel suo insieme rivelatasi incapace di trovare il coraggio e la credibilità di dar vita ad un nuovo “patto fondante” pari, se non altro, a quello che originò la Repubblica Italiana. Ma non può esistere uno Stato democratico nel quale la dialettica politica non si sviluppi nel quadro di valori-base condivisi e ciò vuol dire che andando avanti di questo passo arriveremo presto – senza neanche rendercene conto – a forme di populismo bonapartista, se non proprio sudamericano. Se ne vedono le prime avvisaglie nei vari partiti “leaderistici” che stanno nascendo. Silvio BerlusconiQuale partito o quale coalizione sarà capace di porre “brutalmente” al Paese questo problema (che è il problema dei problemi)? Si avrà questo coraggio? A nostro avviso occorre necessariamente sviluppare tale dirimente questione, motivandola e rendendola esplicita. E testardamente riproporla fino ad essere ascoltati. Certo, dopo i clamorosi sviluppi di questi giorni, il bipolarismo “all’italiana” (nato con il famoso “Mattarellum”, sistema elettorale falso-maggioritario col recupero del ben 25% della quota proporzionale) può dirsi giunto al capolinea. E con esso finiscono anche quei tredici anni di politica coatta dove la contrapposizione del dopoguerra “cattolici contro comunisti” si è dovuta trasformare artificiosamente in “berlusconiani e antiberlusconiani” quando invece il Paese aveva bisogno di affrontare un dibattito politico molto più serio e pregnante, una volta caduto il muro di Berlino.

E’ stata indubbiamente colpa di questo bipolarismo all’italiana se i post-comunisti (neo e vetero) sono riusciti a sopravvivere nello schema politico nazionale senza aver bisogno di riformulare un’ idea di Sinistra moderna ed occidentale, trovando l’ancora di salvezza nel solo antiberlusconismo. Un antiberlusconismo, del resto, su cui lo stesso Berlusconi ha campato politicamente (e campa tuttora) di rendita! E

Fassin, Rutelli, ProdiE’ stata colpa di questo bipolarismo all’italiana se l’elettore medio crede tuttora e semplicisticamente che “essere contro i comunisti” significhi “essere di destra” ed “essere contro Berlusconi” significhi “essere di sinistra”.

E’ stata colpa di questo bipolarismo all’italiana se la politica nostrana ha perso tutta la sua spinta ideale e gli stessi politici sono diventati semplici funzionari del potere. La stessa Sinistra maggioritaria italiana, in particolare, una volta seppellite frettolosamente, con Tangentopoli, le idee socialiste (quest’ultime confuse volutamente col craxismo che in seguito è stato strumentalizzato dalle Destre) nonché, con il crollo del muro di Berlino, le idee comuniste, si era rassegnata o, per meglio dire, si era ridotta ad una politica di pura gestione del potere.

Quindi, bipolarismo addio!

Si parla oggi di modello tedesco (sistema proporzionale con sbarramento al 5% a livello nazionale), o di una legge elettorale non troppo dissimile. Ci saranno collegi uninominali ed ogni partito, che ha la speranza di superare il 5% a livello nazionale, presenterà un suo candidato. Non ci saranno più, quindi, solo due candidati, ma un candidato per partito. Le formazioni che possono potenzialmente superare lo sbarramento sono sette: FI-Ppl, An, Lega Nord, l’Udc (con l’Udeur), il Pd, la “Cosa Rossa” (Prc, Pdci, Verdi, Sinistra Democratica) e il Partito Socialista.

Walter VeltroniMa a questo punto occorre chiedersi se è veramente giunta l’ora di confrontarsi sui contenuti e non sui contenitori. Non va infatti dimenticato che nel mondo occidentale sono e rimangono tendenzialmente bipolari tutti i sistemi democratici, salvo laddove esistono grossi partiti antisistema. Tuttavia, anche superando questo dato, resterebbe, alla luce dei fatti odierni, la profonda anomalia delle caratteristiche dei due neo-partiti che rappresentano un bipolarismo probabilmente solo meno rigido, e cioè, nel centrosinistra, il neo-centrista e para-consociativo Partito Democratico (invece di un classico ed europeo Partito Socialista o Socialdemocratico o Laburista) e, nel centrodestra, il peronista e populista Partito del Popolo delle Libertà (invece di un classico ed europeo Partito Popolar-Cristiano o Conservatore). Colmo dei colmi: entrambi questi ultimi partiti vogliono entrare a far parte, in un modo o nell’altro, della famiglia del Partito Popolare Europeo!!! Il che significherebbe che in Italia abbiamo smesso di snellire e ridimensionare destra e sinistra per iniziare ad appesantire ed “ingolfare” il centro (a cui si aggiungerebbe anche l’Udeur-Udc) e produrre così una melassa pantano-centrica indistinta e pragmatico-maneggiona che manderebbe a farsi benedire ogni reale e democratico confronto-scontro sulle idee di governo del nostro Paese.

Prepariamoci, dunque, a…non sappiamo cosa, ma di sicuro a farci ancora una volta ridere dietro dall’intera Europa. E speriamo che si limiti solo a ridere!

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