BOLZANO. Accusato di aver scaricato da internet immagini a carattere pedopornografico, ieri mattina è stato condannato ad un anno e mezzo di reclusione. Si tratta di un sacerdote cattolico, di origine altoatesina, insegnante di teologia, denunciato due anni fa per scambio di materiale pedopornografico via internet.
Loperazione del Nucleo Investigativo Telematico, denominata Video privè e scaturita da una serie di dettagliate denunce presentate dallassociazione Telefono Arcobaleno, ha riguardato uno strato profondo della rete cui erano in grado di accedere soltanto gli utenti ben inseriti nei sodalizi internazionali di promozione e scambio della pedofilia. Lindagine ha avuto a oggetto un sito internet italiano che generava centinaia di contatti giornalieri da tutto il mondo, al quale era possibile accedere soltanto da parte degli utenti (186) in possesso della password. A condannarlo è stato il tribunale di Siracusa che ha anche disposto la vendita del computer sequestrato al prelato e la distruzione delle immagini pedopornografiche rinvenute presso la sua abitazione. Il giudice Stefania Scarlata, della sezione penale di Siracusa, ha ritenuto vera la ricostruzione dei fatti operata dallaccusa del Procuratore aggiunto Toscano e del Procuratore Nicastro, a seguito di unindagine del Nucleo Investigativo Telematico su denuncia di Telefono Arcobaleno. A conclusione del dibattimento la Pubblica Accusa ha chiesto e ottenuto per il prelato la pena di un anno e mezzo di reclusione e duemila euro di risarcimento.
Giovanni Arena, presidente di Telefono Arcobaleno, da undici anni in prima linea contro ogni forma di abuso sullinfanzia, parte civile al processo, sottolinea: Non è sufficiente che la Chiesa risarcisca materialmente il danno delle vittime, come è successo e succede, se colui che ha commesso quello che è un crimine contro lumanità, continua a praticare il proprio ufficio sacerdotale tra la gente. In Italia, – continua Arena – sono diversi i casi di sacerdoti condannati o in attesa di giudizio, da undici anni lottiamo per far emergere i casi di abuso sullinfanzia, ci confrontiamo quotidianamente con il sommerso e con la diffidenza delle vittime o di coloro che vorrebbero ma non denunciano, andiamo nelle scuole a parlare di diritto e di giustizia a bambini, lottiamo per il rispetto dei loro diritti come riconosciuti dalla Convenzione Onu che si ricorderà il prossimo 20 novembre.
Intanto, martedì scorso, la terza Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza numero 4157, ha giudicato reato non solo inserire immagini pedofile online ma anche il collegamento a pagamento a siti ospitanti immagini pornografiche di minori.