MONDRAGONE (Caserta). Come nella migliore tradizione di reportage letterario, o romanzo documentario, Nazzaro solleva un velo sull”inferno criminale che abita a due passi da noi, spostando l”obiettivo sulle realtà di cui nessuno parla e restituendoci una “camorra quotidiana”, fatta di piccoli drammi, esecuzioni silenziose, microscopiche miserie.
C”è un”altra Italia che vive sul confine tra la provincia di Caserta e Napoli. Posti come Mondragone, Castelvolturno, Arzano, Villa Literno, Aversa, Frattamaggiore. Un mondo a stento registrato dai media che se ne accorgono solo quando ci scappa un morto di troppo. Un mondo fatto di gente che ogni mattina riprende a lottare per la propria dignità senza alcuna garanzia di farcela e un mondo di gente che ha dichiarato guerra al mondo degli altri. E tra questi mondi allignano i racconti di Sergio Nazzaro nella sua opera “Io, per fortuna c”ho la camorra”. Un giornalista scomodo che la Camorra e il Sud se li porta appiccicati nello sguardo e nel furore di una prosa barocca e risentita. Nazzaro affonda le mani in una realtà fatta di sfruttamento, dolore, disoccupazione, morte, violenza, sottosviluppo. Il suo sguardo registra le piccole cose delle grandi tragedie che nessuno vuole vedere. Le storie che nessuno racconta. Rivelandone la tessitura segreta. I legami col resto del mondo. Nazzaro in queste storie di muratori abusivi, carabinieri, spacciatori e vedove di morti ammazzati, ci entra dentro con tutte le scarpe. La sua rabbia è una disperata forma di compassione. Un atto di solidarietà e cruda testimonianza scandito con il ritmo serrato del vero romanzo d”azione. Un romanzo duro e bruciante come la vita di tutti i giorni, tra l”Asse mediano e la Domiziana, un pugno allo stomaco dell”anima.
Sergio Nazzaro è nato nel 1973 ed è cresciuto a Mondragone. Giornalista pubblicista ha scritto reportage sulla criminalità per Clorofilla.it, Left Avvenimenti, Megachip, Nazione Indiana. Ha collaborato con Radio Kossuth (Ungheria), il quotidiano MF DNS (Praga), Rumore e Next Exit. Scrive per Il Pizzino.
Roberto Saviano gli dice: “Sei uno di cui mi fido e ne abbiamo vista qualcuna insieme, soltanto chi rischia insieme sa cosa significa questo maledetto lavoro e questa maledetta terra”.