Il genocidio del Darfur

di Redazione

Il genocidio del DarfurGli americani vogliono convincere il resto del mondo che non si tratta di un vero è proprio genocidio. La realtà, però, è che proprio Bush lo qualificò così, poco prima di essere rieletto.

La responsabilità morale e materiale di quello che accade nel Darfur, coinvolge quasi tutte le nazioni più industrializzate dell’occidente. Ecco le ragioni per le quali in molti hanno interesse a negare la gravità di quanto lì sta accadendo. Il petrolio, nascosto nel sottosuolo di questa zona remota del Sudan, benché non giustifichi in nessun caso condotte tanto deplorevoli, è la vera causa della tragedia. Furono i cristiani conservatori statunitensi e le organizzazioni di difesa dei diritti umani che, per primi, misero in allarme il resto del mondo su quanto stava accadendo nel Darfur. Ma il loro grido di dolore è stato sacrificato sull’altare del bene supremo delle grandi potenze che non vogliono sentir parlare di genocidio, perché non conviene a nessuno. Scandalosa è, per esempio, la posizione della Cina, il cui ministro per gli Affari Esteri ha confermato la scelta “non interventista” con una vergognosa dichiarazione: “I commerci sono i commerci. Lì non c”è niente di nostro interesse, a parte il petrolio”. Gli Stati Uniti hanno tentato di far qualcosa, ma senza convinzione. In ogni caso nessun’azione potrà mai avere efficacia se non si blocca prima il massacro. Ma questo non si può fare evitando di chiamarlo genocidio. E non si vuole chiamare genocidio per mantenere la pressione diplomatica sui dirigenti sudanesi. Personaggi che temono di cadere nelle mani di un Tribunale Internazionale che li condanni proprio per genocidio. Esiste la speranza che la paura di finire come il dirigente serbo Slobodan Milosevic, faccia ritornar loro la ragione. Nel frattempo, si continuano ad ammazzare i diseredati della terra, ammucchiati nei campi dei rifugiati, senza che si riesca a fermare i responsabili. Kofi Annan, che fu segretario generale delle Nazioni Unite fino al 2006, ha confessato con sincera delusione che non si riesce a raggiungere un accordo politico tale da riuscire a fermare il massacro. “Questo dimostra che non è stato appreso nulla dall’insegnamento derivante dal genocidio del Ruanda”. È triste, ma è così. Oggi solo la pubblica opinione può forzare le grandi potenze ad agire subito, prima che sia troppo tardi.

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