Piccole storie dell”Italia che muore – seconda parte

di Redazione

LGirando nei corridoi della politica, degli economisti, dei facinorosi sostenitori dell’euro, mi sento sempre rispondere “l’euro è un bene”. Risposta che io così interpreto: “Lo Stato ci ha guadagnato”.

Ma tutto ciò che si fa non si fa per i cittadini? Se doveva esserci un bene, di questo non doveva beneficiarne il popolo intero, o sbaglio? Quando chiedo ad alcuni di farmi capire quali benefici abbia portato la nuova moneta, tirano fuori argomenti “da fantascienza” con i quali vengono illusi. Gli stessi cittadini che, però, si ritrovano le tasche vuote, corrono in banca e contraggono prestiti per sopravvivere. Si girano intorno e con il dito incolpano l’euro come causa primaria della loro sofferenza. A quello che dicono i politici, gli economisti, e tutti gli apparati dei furbetti di quartiere, i cittadini non credono, perché la realtà e molto diversa dalle dichiarazioni fatte con astuzia da questi signorotti del potere. Poche settimane fa feci un servizio con analogo titolo, ho voluto continuare questo percorso con una seconda puntata, raccontando le storie di chi vive veramente il dramma dell’euro e delle lusinghe se ne infischia. Novembre 2002. Due amici chiacchierando tra loro, arrivano al discorso della casa, uno fa all’altro “Devo comprare casa”, l’altro “anche io, ma al momento non posso farlo”. Il primo nel mese di dicembre del 2001 riesce a coronare il sogno stipulando un mutuo a tasso fisso in lire, valore dell’immobile 150 milioni. Quando si rincontrano, il primo dice all’amico di aver comprato l’immobile, spiegandogli tutti i particolari. Tanto da convincere l’amico a fare altrettanto. Il secondo ci riesce agli inizi del dicembre del 2003, trova un appartamento di misure uguali, tutti i confort che cercava, con una differenza: l’amico aveva pagato 150 milioni, il suo di appartamento gli veniva offerto a 190mila euro. Una bella differenza se si calcola che il primo appartamento, convertito in euro, sarebbe costato circa 75mila euro, mentre il secondo, convertito in lire, si aggirava intorno ai 380 milioni. “Cosa è successo?” si chiedeva il poveretto. Niente, era l’inizio del blocco dell’economia italiana. Senza scoraggiarsi, convinto dalla banca, contrae un mutuo a tasso variabile di 930 euro mensili, forte degli stipendi suo e quello della moglie, che uniti si aggiravano intorno ai 2450 euro netti al mese. Dopo quattro anni s’incontra con l’amico, quest’ultimo era felice perché non aveva problemi, aveva acquistato una casa con la lira, che oggi ne valeva il doppio, il mutuo non aveva subito nessuna variazione, poiché le rate erano fisse. Mentre lui era disperato, il suo mutuo, in virtù dei costi del denaro, “l’euro” per capirci meglio, aveva subito una brusco aumento: dai 930 iniziali aveva superato abbondantemente i 1200 euro. Nel frattempo, la moglie aveva perso il lavoro, l’impresa dove lavorava, per mancanza di commesse e dato i costi per mantenere un’azienda, aveva chiuso i battenti. In pratica, il suo capitale mensile iniziale non era più disponibile. La moglie si arrangia alla meglio in attesa di un lavoro migliore, ma le rate da pagare sono diventate insostenibili e non riesce più a pagarle, nel contempo la banca ha chiesto il ritorno delle rate in scadenza. Lui che fa? Decide di intraprendere un piccolo finanziamento per coprire quelle rate e non farsi pignorare la casa, buttando altra benzina sul fuoco, aumentando ulteriormente i debiti. Morale della favola: la situazione precipita, ed oggi è incappato nel pignoramento da parte delle banche, quel sogno realizzato dopo tanti anni, una volta raggiunto, viene risucchiato come un vortice. Questo è uno dei 350mila casi di mutui a tasso variabile che stanno togliendo il sonno agli italiani. A questo punto, come sempre, bisogna fare una considerazione: come mai i prezzi delle case sono schizzati alle stelle subendo aumenti che non hanno percentuali? Dove si trovavano Romano Prodi e Silvio Berlusconi quando i prezzi delle case si gonfiavano in tal modo? Uno era presidente della Commissione Europea, l’altro era presidente del Consiglio. Dove erano tutti i politici di maggioranza ed opposizione? Come mai nessuno ha mosso un dito? Come mai si è permesso alle società di costruzioni ed immobiliari di speculare sulla pelle dei cittadini? La responsabilità è soltanto di chi vuole ancora far credere che l’euro è stato un bene, un bene per chi? Certamente non per i cittadini, che nel 2002 un appartamento lo pagavano 150milioni di lire ed oggi lo pagano 220mila euro, mentre i salari e gli introiti per le piccole e medie imprese sono rimasti invariati, se non calati per quest’ultimi. Un “successo” si è avuto: le vendite delle case sono diminuite, ed in giro ho trovato imprenditori che hanno issato le loro mura di cemento e non riescono a venderle. Certamente non è un dato positivo perché quando c’è un calo per un settore è sempre un rischio occupazionale e va ad aggravare la già precaria situazione dei posti di lavoro. In compenso risveglia le coscienze di chi ha speculato, insieme a tutta una classe politica che non ha saputo vigilare sull’andamento dell’economia italiana. Arrivederci alla terza puntata.

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