AVERSA. Siamo di fronte ad una situazione agghiacciante. Lo sto denunziando continuamente. Se non è vero quanto dico, almeno mi punissero. Al momento ci sono 300 persone dove dovrebbero essercene 130. A parlare Adolfo Ferraro, direttore dellospedale psichiatrico giudiziario Filippo Saporito di Aversa.
Loccasione macabra: un altro detenuto che sceglie di togliersi la vita allinterno del manicomio. Continua con quella di ieri, una catena di disperazione che ha portato a cinque suicidi negli ultimi quattordici mesi (due negli ultimi venti giorni) presso il manicomio criminale normanno. Un carcere-ospedale dove le condizioni dei reclusi sono aberranti, come riconosce lo stesso direttore della struttura normanna. A denunziare questo ennesimo triste episodio l’associazione Antigone Campania, che si occupa delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane. Quest’ultima morte risale a ieri pomeriggio, il secondo decesso in venti giorni. Si tratta di un uomo di 34 anni, originario della provincia di Salerno, internato nell’Opg di Aversa da circa un anno con la solita accusa che contraddistingue questi pazzi: oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Luomo si è impiccato qualche minuto dopo essere tornato in cella a seguito della passeggiata.
Questo è il quinto suicidio ad Aversa nel corso di 14 mesi – ha detto, in una nota, Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce dell’associazione – Solo venti giorni fa un internato si era tolto la vita in maniera analoga, mentre ad ottobre si è registrato un tentato suicidio. Complessivamente, tra suicidi e improvvisi decessi, contiamo 9 morti in poco più di un anno. Riteniamo indispensabile che si chiariscano le dinamiche di queste morti – aggiunge – e che ci si attivi, a livello politico ed istituzionale, per garantire, in attesa di una riforma che chiuda i manicomi giudiziari, degne condizioni di vita per gli internati in Opg. Parole che non trovano impreparato il direttore della struttura penitenziaria aversana Adolfo Ferraro che dichiara: La vittima dellaltro giorno è una di quelle che non ha famiglia, ma poteva essere dimessa, come il 60% degli attuali internati, solo che lAsl di appartenenza aveva dichiarato di non essere in grado di seguirlo. Negli ultimi tempi stava meglio ed è proprio questo stare meglio, questa consapevolezza maggiore del proprio stato che li porta al gesto estremo. Un gesto che, al di là di ogni retorica, costituisce il loro grido daiuto. Da parte nostra continua Ferraro – evidenziamo continuamente (anche a rischio di sanzioni da parte dei superiori) la situazione. Attualmente abbiamo trecento internati a fronte dei centotrenta/centosettanta che la struttura potrebbe ospitare. Abbiamo più volte chiesto ufficialmente di far trasferire parte dei ricoverati presso altre strutture, ma non ci riusciamo. Ben venga lintervento di Antigone, ma non si limitasse a contare i morti e ci dia una mano per risolvere la situazione anche attraverso la mobilitazione. Oggi conclude il dirigente dellamministrazione penitenziaria – potremmo dimettere il sessanta per cento degli internati, ma dal dicembre 2006 ad oggi la situazione non fa che peggiorare. Questi casi portano allo sconvolgimento anche degli operatori penitenziari che pure riescono a vanificare numerosi tentativi di suicidio. Sono direttore da 10 anni, ma solo in questi ultimi mesi, con questo carico e con lassenza delle Asl stiamo giungendo alla tragedia. Facciamo di tutto per richiamare lattenzione dellopinione pubblica. Significativa è stata lesperienza teatrale napoletana, quando i pazienti hanno portato in scena Aspettando Godot. Un testo scelto non a caso. I malati continuano ad aspettare.