Il filosofo e matematico gallese Bertrand Russell una volta ebbe a dire: L’invidia è una terribile fonte dinfelicità per moltissima gente.
Parole sagge, anche se troppo generiche. A quale tipo dinvidia si riferiva? A quel sentimento negativo nei confronti delle altre persone che possiedono o sono qualcosa che l’invidioso non possiede o che mai diventerà oppure quel sentimento positivo che stimola a migliorarsi per ottenere o diventare quello che gli altri hanno o rappresentano per la società? La questione è molto meno futile di quel che sembra. Ad Aversa, per esempio, la prevalenza del primo tipo dinvidia sul secondo, è fonte, oltre che dinfelicità spirituale, anche di povertà materiale, disordine sociale ed arretratezza culturale. Nella nostra città linvidia non si distingue per la voglia di avere quello che gli altri possiedono o per il desiderio di veder perdere agli altri quello che già hanno. No, ad Aversa linvidia si manifesta in un modo talmente assurdo da lasciare sconcertato più di un forestiero di passaggio o trasferitosi stabilmente nella nostra città. Il motto degli aversani è: Gli altri, per principio, non devono avere quello che desiderano, anche se a me non interessa minimamente possedere la stessa cosa. Diversamente da quanto accade nel resto dellumanità, agli aversani importa solo che laltro non riesca a raggiungere lagognato traguardo. Non si pone lattenzione sul confronto tra la situazione propria e quella della persona invidiata. No, lunica cosa che conta è sperare che laltro fallisca prima di arrivare in vista del traguardo. Questo tipo di mentalità che, a mio modo di vedere, non è aggettivabile se non con frasi estremamente volgari, è alla base di quellinfinita serie di mancanze che una città di sessantamila abitanti non dovrebbe invece mostrare. Lo scrittore fiammingo Julien De Valckenaere diceva: L’invidioso non riesce a sopportare che tu faccia il passo più lungo della SUA gamba ed è proprio questo il problema degli aversani. In molti nostri concittadini prevalgono dei sentimenti di tale frustrazione e disistima personale che, alternati a momenti nei quali prevale lincapacità di rapportarsi con gli altri in maniera non competitiva, inducono a forme parossistiche degocentrismo. Per questa ragione il non vedere la trave nel proprio occhio e andare a scovare la pagliuzza nellocchio dellavversario è, tanto per fare un esempio, la cifra stilistica di varie categorie sociali. Prendiamo ad esempio i politici ed i commercianti locali. Nei primi, la prevalenza dellinvidia cattiva fa sì che, invece di valutare le ragioni di una propria sconfitta, si analizzino solo le ragioni della vittoria del proprio avversario, esclusivamente per contrastarne gli effetti. Vi lascio immaginare le conseguenze nefaste di tale comportamento. Il tempo perso ad analizzare le ragioni del successo degli altri allontana, proporzionalmente, lora del raggiungimento del proprio successo. Nei secondi, linvidia cattiva paralizza o accelera, in maniera del tutto scriteriata, ogni tipo diniziativa. Se il mio concorrente non ha fatto quella cosa (ad esempio: il rinnovo dei locali, una campagna pubblicitaria degna di questo nome, lallestimento di vetrine più belle, un maggior assortimento dei prodotti venduti etc.) è inutile che lo faccia anchio oppure Se il mio concorrente (già affermato e che fattura dieci volte più di me) ha fatto quella cosa (idem come sopra) allora, a costo di ricorrere agli strozzini, devo farla anchio , cosa che, purtroppo, spesso accade realmente. Naturalmente un certo tipo di sentimenti non sono una nostra esclusiva. Sono riscontrabili anche in altre zone dItalia. A differenza di Aversa però, i poli sono invertiti. Linvidia da fattore paralizzante diviene motore dello sviluppo economico e sociale duna comunità. Il mio vicino ha piantato un albero che diventerà alto cinque metri, allora io ne pianto uno che diventerà alto dieci metri. Il mio concorrente ha costruito un capannone industriale di mille metri quadri, allora io ne costruisco uno da duemila metri quadri. Il commerciante di fronte il mio negozio offre il caffé a tutti i clienti, allora io offrirò anche dei cioccolatini. Il desiderio di raggiungere gli stessi risultati dellaltro in alcune zone dItalia ha scatenato una corsa continua al miglioramento. Invece di abbandonarsi allo sconforto o, peggio ancora, al pettegolezzo, alla diffamazione di quello più fortunato o più capace, come fa linvidioso nostrano, in altre comunità chi si ammala dinvidia si automigliora, valorizza le doti peculiari, mette in evidenza i cosiddetti punti di forza per somigliare al modello vincente. Auguriamoci che, prima o poi, questo possa accadere anche a noi aversani. Con buona pace di Bertrand Russell.