In politica contano solo i “numeri”

di Redazione

il Pullman di VeltroniIn tempo di elezioni troviamo tanti giovani ad affiggere i manifesti, girano per le case in cerca di consensi, cercano di far capire alla gente che il loro partito è il migliore, spiegando che dall’altra parte fanno una cattiva politica.

Queste persone credono nell’ideale del partito, sperando che un giorno possano far passare le proprie idee. Però, a chi non conosce la struttura dei partiti va spiegato il perché non c’è un ricambio generazionale in politica e, soprattutto, come si diventa un politico “che conta”. Mi spiego meglio, quando entri in un partito, pur essendo una persona con gli “attributi” non vale a niente, a meno ché non sei un figlio di papà, oppure un uomo di successo. Se uno di noi comuni mortali pensa di entrare in un partito per far valere le proprie idee, iscrivendosi da solo, senza nessuno, perde solo tempo. Se invece porti con te dieci “amici” e li fai tesserare, quelle stesse tessere saranno il tuo futuro politico. Più ne riuscirai a fare, più avrai possibilità di crescere. Infatti, nel momento delle scelte quelle tessere saranno la forza delle tue capacità. Diventeranno l’ago della bilancia in occasioni di scelte di carattere provinciale e regionale che riguardano il partito. Ad esempio: per l’elezione del coordinatore provinciale o regionale del partito, anche per il semplice segretario della sezione di un piccolo paese molte volte contano le Berlusconi a Piazza San Babilatessere, in particolare per far passare le mozioni e quindi per avere la meglio sugli altri. Questo comportamento, che fa parte della struttura di quasi tutti i partiti, porta inevitabilmente all’abbandono, poiché scelte non condivisibili, ritenute sbagliate, costringono le persone volenterose di fare bene a lasciare il partito e la politica, sfiduciate nei confronti del “potere dei numeri”. Questa è la politica italiana, il marcio viene costruito dal basso. L’ultimo tassello del menefreghismo nei confronti del cittadino l’ha fatto il centrodestra, privandolo delle preferenze, togliendogli l’unica possibilità di punire i politici incapaci. Come si può pretendere che la gente si avvicini alla politica se questa è consapevole che non avrà mai un futuro politico costruito sulla base delle idee che possiede. Le idee in politica non contano, solo i numeri, per questo l’Italia ha i politici più vecchi d’Europa. Si assiste continuamente soltanto allo scambio di ruoli: scendono dallo scranno del comune e trovano posto in provincia, scendono dalla provincia e risalgono sullo scranno del comune, riscendono dal comune e trovano posto in regione, scendono dalla regione e vanno in parlamento, sempre e soltanto gli stessi. Possibile con tutti i guai che ci sono non si riesce a trovare persone nuove da mettere alla guida del Paese? Però, in questi giorni, in giro per le strade, assisto per la prima volta ad un coro unanime di persone che questa volta preferisce non farsi considerare più un numero a disposizione dei partiti, un numero che diventa un valore economico attraverso il contributo ai partiti, ogni voto significa un euro per il partito a cui va il voto. Non guardate alle “parate” che vedete in Tv, quello è frutto della bravura dei partiti di rastrellare i simpatizzanti per applaudire il leader che arriva per la campagna elettorale. Vengono chiamati a raccolta tutti i sostenitori, che si portano dietro tutta la famiglia per fare bella figura. Di gente comune, quella che deve veramente esprimere il voto perché è fuori dagli schemi dei partiti, non c’è quasi nessuno. Gli italiani sono stanchi dei giochetti della politica, capace solo di organizzare feste e festicciole, fino ad ora, di concreto, ha costruito ben poco per il Paese.

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