4 giugno 1989. Pechino, Piazza Tien An Men: la rivolta degli studenti

di Redazione

Pechino, piazza Tien An MenAccadde oggi. Il 4 giugno del 1989 si chiude nel sangue la rivolta che gli studenti di Pechino hanno avviato qualche settimana prima.

In piazza Tien An Men ci sono tutti, studenti, comunisti contro il potere in auge, oppositori del governo, ma soprattutto c’è l’esercito con i suoi carri armati. La protesta era iniziata nell’ aprile dello stesso anno, gli studenti chiedono più democrazia, maggiore trasparenza, ma soprattutto si rivoltano contro la vergognosa corruzione degli uomini e dei funzionari del potere. Gli stessi studenti innalzano nella piazza simbolo di Pechino, ma di tutta la Cina, una statua, è la Dea della Democrazia, l’ispirazione è chiaramente quella della Statua della Libertà Il 20 maggio gli studenti avviano lo sciopero della fame, nella notte tra il 27 ed il 28 di maggio arriva l’Esercito di Liberazione Popolare, l’attacco è inevitabile. Ancora oggi il numero delle vittime è del tutto impreciso, lo stesso Governo cinese parla di un numero incerto tra 200 e 400 vittime, la CIA ne conta 800, la Croce Rossa Internazionale almeno 2600, ma cifre attendibili ci dicono che i morti furono almeno 12mila. Sono le 0.30 , ora di Pechino del 4 giugno del 1989 i carri armati sparano su studenti, operai, oppositori, cinesi contro cinesi. Un reporter americano barricato con un potente teleobiettivo in un hotel della piazza, si lamenta di non riuscire a riprendere la scena dei carri armati che avanzano, davanti agli stessi c’è un ragazzo minuto con delle buste di plastica della spesa , cerca inutilmente di fermare la lunga fila di cingolati e spiazza le foto. Che fine avrà mai fatto quel ragazzo? Di certo ha scritto una delle pagine più belle della libertà.

I Nomadi con una loro canzone del 1991 “Uno come noi” ricordano l’esile figura di quel ragazzo: Con il tuo esile corpo hai fermato un carro armato. Bastava un ordinee saresti stato schiacciato. Ma per un momentoè stato come se tutto il mondo fosse fermo lì davanti a te, a un piccolo uomo,a un grande uomo, a uno come noi. Sarebbe stato facile dire che tu hai sconfitto un’idea come se odio e violenza avessero solo quel colore. Ma sto pensando a tutti quelli che hanno pagato nel silenzio e nel dolore perché il carro armato non s’è fermato e niente ha risparmiato.Ti voglio dire che né politica, né religione danno il diritto di troncarela vita di un uomo che sogna solo una casa, una donna, un lavoro, di essere libero e un poco felice in un mondo migliore fatto di gente, gente come noi.

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