SANT’ARPINO. «Mi ha aiutato a sopravvivere il pensiero di mio figlio», sono le prime ore di felicità per Alina Cristina Purcea, che finalmente sorride, raccontandosi al settimanale rizzoliano «Visto» in un servizio di Mariella Romano.
Dopo lincidente in cui perse il compagno, la rumena ha rifiutato cure e operazioni e sopportato il dolore delle fratture, per non mettere a rischio la vita del bambino che portava in grembo. A metà maggio, superando le difficoltà e la sofferenza della madre, è nato Giuseppe, grazie al quale Alina non ha perso la speranza. E il 12 settembre 2007, la donna viaggia in moto con Valerio, il suo fidanzato, appassionato di motori. Camminano a 50 chilometri orari e sono a pochi passi dalla loro casa di Orta di Atella, in provincia di Caserta. Un auto li urta e Valerio rimane schiacciato contro unaltra vettura in sosta e muore sul colpo. Alina si salva, anche se riporta un gravissimo trauma cranico e diverse fratture scomposte. La donna non sa ancora di essere incinta e così viene sottoposta a Tac e a un delicato intervento chirurgico alla testa. Solo qualche giorno dopo viene accertata la gravidanza e Alina, di fronte alla prospettiva di perdere il bambino o di causare malformazioni al feto, sospende gli antidolorifici e rinvia gli interventi per la ricostruzione delle fratture scomposte alla tibia e alla spalla. Loperazione alla tibia viene eseguita tre mesi dopo, quando i rischi per il feto diventano minori. Quella alla spalla, invece, non è ancora stata realizzata.
Durante la gravidanza Alina ha scritto tantissime lettere a Valerio, che non ha fatto in tempo a sapere che sarebbe diventato padre. «Per nove mesi, con la sua presenza silenziosa, Giuseppe mi ha sostenuta, mi ha confortata». Il bambino appena nato si chiama come il nonno paterno, seguendo un desiderio di Valerio, che voleva che il primo figlio avesse questo nome. «Mi diceva: un giorno mi darai un bel maschietto e lo chiameremo Giuseppe». Alina è rimasta ricoverata per tre mesi nella clinica Pineta Grande di Castel Volturno ed è stato grazie alla sua forza e al sostegno che ha ricevuto dai genitori di Valerio, dagli amici, dalla sorella, dai medici e dagli infermieri se oggi Giuseppe dorme sereno e sano tra le sue braccia.
Corriere del Mezzogiorno (Maddalena Bovenzi)