AVERSA. Allindomani della presentazione del ricorso da parte di Lidia De Angelis circa la regolarità delle elezioni che hanno portato alla investitura di Mariano DAmore come segretario del Partito Democratico, Filippo Cantile, ex componente del coordinamento cittadino, prende le distanze un po da tutti.
Lingegnere aversano chiarisce: Non appartengo ad alcuna fronda Ne è prova il fatto che, eletto dallAssemblea congressuale del 28 giugno quale componente dl coordinamento cittadino, mi sono dimesso dopo appena unora. Il motivo delle dimissioni: ero contrario a indirizzi diversi dal deliberato dellAssemblea congressuale nonché allarrogarsi da parte dei dirigenti di decidere in modo opposto ad essa. Il tutto a prescindere da chi potesse essere il segretario (alla data poteva essere chiunque). Le riportate affermazioni di Gennaro Diana prosegue Cantile – dimostrano, qualora qualcuno non lavesse inteso, che è stato scavalcato il Congresso cittadino. Cosa centra il coordinatore provinciale con il congresso di Aversa? Chi ha forzato le decisioni e per quale motivo? Ho stima – conclude poi Cantile – sia del dottor Rodolfo Parisi che del professor Mariano DAmore. Ma di entrambi non ho condiviso le scelte.
Sin qui le legittime puntualizzazioni dellingegner Cantile, che vanno a confermare però, ove mai ce ne fosse stato bisogno, come nel Partito Democratico di Aversa esistano tante posizioni e, soprattutto, tanti distinguo, forse troppi, tanto da far apparire la sede di Piazza Municipio come il futuro probabile scenario di un cenacolo di sofisti della Magna Grecia, incapaci di partorire una posizione politica che sia in grado di rappresentarli tutti. Questo è assai sintomatico del grado di arretratezza in cui è attualmente impantanato un centrosinistra che proprio nel Pd dovrebbe avere un suo motore propulsore ed aggregante, tanto da offrire alla cittadinanza lalternativa a Ciaramella ed al centrodestra. In tal senso, limpegno precipuo di DAmore, quale novello segretario, sarà proprio quello di evidenziare lidem sentire nel partito, ove esistente, nel rispetto sì di un sano pluralismo, ma arginando quel pericolo di frammentarietà di posizioni che fanno apparire come già malaticcio il neonato partito.