Contrada, visita in carcere dei parlamentari Zinzi e Compagna

di Redazione

Bruno ContradaSANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta). Il deputato dell’Udc Domenico Zinzi e il senatore del Pdl Luigi Compagna hanno incontrato stamani, nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, l’ex funzionario del Sisde Bruno Contrada, Ignazio D’Antone e altri ex poliziotti detenuti.

L’incontro, a cui erano presenti anche il segretario e il vicesegretario dell’Udc di Caserta, Alberto Zaza d’Aulisio e Marco Lugni, è stato autorizzato dal Ministro della Difesa, per una ricognizione conoscitiva dell’organizzazione penitenziaria militare, unificata nelle sede di Santa Maria. Dopo il briefing del comandante colonnello Raffaele D’Ambrosio ed il colloquio con Contrada e gli altri detenuti, che hanno prospettato problematiche di carattere generale investenti futuri interventi legislativi, i parlamentari hanno “preso atto dell’apprezzamento espresso dagli ospiti del complesso per la qualità del regime penitenziario assicurato in conformità con i principi umanitari ai quali si ispira l’azione di comando dell’Istituto”. Contrada, in particolare, ha ribadito il proprio rispetto per lo stato e le sue Istituzioni, confidando ancora nella possibilità che venga recepita la propria istanza di pena differita o di detenzione domiciliare a causa delle conclamate precarie condizioni di salute, aggravate dall’età avanzata. Zinzi e Compagna, intanto, si sono riservati di approfondire la questione dell’ammissione al lavoro dei detenuti nel carcere militare, in applicazione degli articoli 20 e 21 dell’ordinamento penitenziario. “Appare discriminatorio, sul piano del rispetto delle garanzie costituzionali di eguaglianza sostanziale tra i cittadini, – hanno detto – per i detenuti del carcere militare non poter fruire del diritto al lavoro remuneratorio riconosciuto per i detenuti delle case circondariali”.

Contrada, 77 anni, nato a Napoli, fu arrestato il 24 dicembre 1992, nella sua casa di Palermo, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa sulla base delle dichiarazioni di alcuni pentiti, tra cui Gaspare Mutolo, Tommaso Buscetta, Giuseppe Marchese e Salvatore Cancemi. Rimase due anni e mezzo nel carcere militare di Forte Boccea di Roma. Il 12 febbraio 1994 fu rinviato a giudizio e il 5 aprile 1996 il tribunale di Palermo lo condannò a dieci anni di reclusione. Nel maggio 2001 venne invece assolto con formula piena dalla Corte d’Appello di Palermo, ma la sentenza fu annullata nel 2002 dalla Corte di Cassazione. Il 26 febbraio 2006, nell’aula-bunker del carcere palermitano di Pagliarelli, la prima sezione penale della Corte d’Appello confermò il verdetto di primo grado e, dunque, i dieci anni di carcere. Nel maggio 2007 la Cassazione confermò la pena e fu assegnato al carcere in provincia di Caserta.

Lui ha sempre respinto ogni accusa, dicendo di essere un fedele servitore dello Stato e di essere stato incastrato, per vendetta, dai mafiosi che aveva incriminato in passato. Il suo profondo malessere psichico e fisico ha indotto il suo avvocato, Giuseppe Lipera, a supplicare la grazia a Napolitano nel dicembre 2007. Il 2 gennaio 2008, dopo aver ricevuto il permesso di essere ricoverato presso l’Ospedale “Cardarelli” di Napoli (firmando poi le dimissioni volontarie dal nosocomio per “le condizioni inaccettabili del reparto”), ha chiesto al suo avvocato di presentare istanza di revisione del processo che lo ha condannato in via definitiva. Il Tribunale di Napoli, l’8 gennaio, ha respinto ogni istanza di differimento della pena insieme alla richiesta degli arresti domiciliari.

Di questi giorni la notizia, diffusa dai suoi legali, che sarebbe dimagrito di 22 chili, fatto che dimostrerebbe l’incompatibilità dell’ex dirigente del Sisde col regime carcerario.

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