Bologna – Grazie all’indulto e alla legge Gozzini, ha lasciato oggi il carcere Pietro Gugliotta, uno degli ex poliziotti della “Uno Bianca”, la famigerata banda che seminò il terrore tra l’Emilia-Romagna e le Marche tra la fine degli anni ‘80 e i primi ‘90. Uscito dalla “Dozza” dopo aver scontato 14 anni di reclusione, Gugliotta è salito a bordo di una Golf blu dove c’erano due donne e un uomo, e non si è fermato con i cronisti e i fotografi in attesa davanti alla casa circondariale.
“Confido che la scarcerazione di Pietro Gugliotta sia ora serenamente accettata nel rispetto di una sentenza che ha escluso la sua partecipazione per tutti i fatti di sangue della banda e che, nel comminare una pena comunque elevata, ha tenuto conto di una sua responsabilità morale anche per i delitti da altri commessi”, ha commentato il suo avvocato Stefania Mannino, che l’ha difeso in tutti i gradi del processo. “Gugliotta – sottolinea la Mannino – esce dal carcere dopo aver scontato interamente la sua pena. Come richiesto dai familiari delle vittime, non gli è mai stato concesso un giorno di permesso premio e non ha mai neppure trovato attuazione l’ammissione al lavoro all’esterno, pur autorizzata dal magistrato di sorveglianza nel novembre scorso; ha usufruito unicamente dei benefici che non potevano essergli negati, quelli per il corretto comportamento in carcere e per l’indulto, previsto da una legge votata dalla maggioranza assoluta dei parlamentari italiani”.
Gugliotta, che non è stato condannato per gli omicidi, comincerà ora un percorso di reinserimento nella società che prevede anche un lavoro in una cooperativa. Non sarà impiegato, comunque, a Bologna e neanche in Emilia-Romagna. Tra il 1987 e l’autunno del 1994, la banda della Uno bianca (il nome deriva dal fatto che i componenti usavano proprio una Fiat Uno di colore bianco, auto molto diffusa in quegli anni) commise 103 crimini, provocando la morte di 24 persone ed il ferimento di 102, rapinando banche, uffici postali, supermercati e sparando a testimoni, nomadi e immigrati.
Le sentenze, passate in giudicato, dei tribunali di Bologna, Rimini e Pesaro hanno riconosciuto in tutto sei persone come componenti della banda, quasi tutti ex poliziotti. Roberto Savi, mente e fondatore del sodalizio criminale, all’epoca in servizio presso la questura di Bologna. Fabio Savi, fratello di Roberto, poliziotto mancato per un difetto alla vista. Alberto Savi, fratello minore di Roberto e Fabio, che era poliziotto in servizio presso il Commissariato di Rimini. Pietro Gugliotta, unico della banda a non essere condannato all’ergastolo. Non ha partecipato alle azioni omicide, e per questo è stato condannato alla pena di 18 anni di reclusione. Anche lui poliziotto, svolgeva la funzione di operatore radio alla questura di Bologna assieme a Roberto Savi. Marino Occhipinti, che era in servizio presso la squadra mobile di Bologna, membro minore della banda, il quale però prese parte a un assalto a un furgone della Coop di Castel Maggiore, quando morì una guardia giurata e per questo è stato condannato all’ergastolo. Luca Vallicelli, che lavorava presso la sezione polizia stradale di Cesena, altro membro minore della banda che partecipò soltanto ad alcune rapine senza omicidi: patteggiò la pena e scontò pochi anni di carcere.
A sgominare la banda furono due poliziotti, grazie ad appostamenti e intercettazioni ambientali, l’ispettore Baglioni e il sovrintendente Costanza, della questura di Rimini, che avevano collaborato con un pool di investigatori fondato agli inizi del 1994 dal magistrato Daniele Paci.