CASERTA. Il Comitato permanente dei Docenti Precari della provincia di Caserta apprende con soddisfazione che qualche giornale di portata nazionale (Corriere della Sera) ha dedicato recentemente alcune righe di commento alla vicenda riguardante la migrazione dei prof.
Gli esponenti dello stesso comitato, in una riunione di aggiornamento, concordano sulla necessità di dare la massima diffusione a tutti gli organi di informazione nazionale relativamente alla questione della transumanza dei docenti meridionali e del successivo controesodo (in utilizzo del sistema delle assegnazioni provvisorie) verso le regioni del sud (Campania e Sicilia); fenomeno che determina, da una lato, un vero e proprio svuotamento degli organici del nord tale da creare delle situazioni di carenza del personale docente necessario per il normale funzionamento delle strutture scolastiche; e dallaltro, un tracollo degli organici del sud con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro per i precari.
Il divario tra la richiesta del nord e l’offerta del sud è sotto gli occhi di tutti. Il colmo è che al nord non si trovano più insegnati – dice Rino Di Meglio, Coordinatore nazionale del Gilda, il sindacato indipendente dei comitati di base degli insegnanti – e negli ultimi 15 anni è mancata una seria pianificazione e un regolare reclutamento.
A parere del comitato, si ritiene doveroso far comprendere a tutti e sensibilizzare lopinione pubblica italiana che la vicenda dei Docenti Precari della provincia di Caserta (e non solo loro) rappresenti solo il primo segnale di come il sistema Pubblica Istruzione si sia avviato verso un processo di totale scollamento dalla realtà socio-economica della nostra nazione.
Tagli agli organici, riduzioni di spesa, maestro unico, blocco delle assunzioni, ecc., rappresentano solo una semplice operazione da manuale di ragioneria tendente a sistemare una posta del bilancio statale; ma, ci sono state e ci sono (e forse ci saranno) delle malformazioni strutturali ben radicate nel variegato tessuto sociale delle nostre regioni che non possono essere ignorate e non possono essere risolte con la semplice eliminazione di una categoria di lavoratori, sempre pronta e disponibile verso uno Stato che per anni (e decenni) li ha usati, e solo oggi dichiara che i docenti sono troppi. Purtroppo, le errate o corrette scelte politiche e sindacali del passato (lasciando da parte ogni ideologia) non possono essere imputate ai tanti docenti precari che, purtroppo, oggi si vedono negare un diritto fondamentale: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Bisognerebbe, quindi, come ogni sana e redditizia azienda, dotare la Pubblica Istruzione di un efficace sistema di qualità orientato alla meritocrazia e competenza individuale, basato su una retribuzione premiante che tenga conto della reale redditività del singolo docente, supportato da soluzioni normative precise e concrete che non lascino spazio alle interpretazioni soggettive e gestito attraverso la lettura di dati veritieri ed omogenei e la analisi oggettiva dei risultati conseguiti.