Piombo e sangue, notte di spari a Villa Literno

di Redazione

CarabinieriVILLA LITERNO. Hanno scelto la pista del terrore per farsi rispettare. le paranze di Giuseppe Setola e Alessandro Cirillo sparano, avvertono, uccidono.

E lo fanno con colpi di kalashnikov piantati nelle finestre di chi dorme, nei portoni di chi pensa di denunciare. Lo fanno a bordo di un’auto che compare in ogni raid, una Fiat Punto, la stessa descritta ai carabinieri da alcuni testimoni dell’omicidio di Michele Orsi. Lunedì sera, alle 20 circa, la camorra ha puntato le armi contro il cancello di casa di Franco Di Tella, titolare della discoteca III Millennio a Villa Literno e quattro ore dopo, a mezzanotte in punto, contro le saracinesche del supermercato «Md» in via Aversa. Sono entrati nel vialetto privato impugnando le armi fuori dal finestrino con il rischio di essere riconosciuti. Ed è probabile che una telecamera abbia ripreso tutta l’azione. In casa Di Tella, al momento del raid, c’erano alcuni componenti della famiglia che non sono rimasti feriti solo perché non si trovavano vicino alle finestre. Quarantanove i colpi di una pistola calibro 9×21 sparati contro il muro dell’abitazione e i vetri delle finestre, ridotte in frantumi. Ma sul posto i carabinieri di Casal Di Principe hanno trovato anche un colpo non esploso calibro 7,62 di un kalashnikov. Forse un messaggio. Subito dopo sono stati visti fuggire due scooter, la solita Fiat Punto e un’Audi A3. Per il supermercato «Md» il messaggio è stato diverso: i colpi erano quarantaquattro e l’arma era un proprio un kalashnikov. Ma le modalità dell’attentato, per i carabinieri, potrebbero portare la firma di un unico gruppo di fuoco che ha agito indisturbato spostandosi da un capo all’altro del paese. Gli attentati compiuti in una sola notte sono solo gli ultimi di una serie di intimidazioni che hanno colpito commercianti, professionisti e imprenditori che l’ala armata dei Casalesi sta spaventando. Nella roccaforte del clan Bidognetti, a Parete, in un mese e mezzo sono stati ricostruiti dai carabinieri tre atti intimidatori: il primo compiuto ai danni della concessionaria d’auto Tamburrino con settanta colpi di fucile; il secondo, il 14 agosto, a uno studio medico dentistico, in via Vittorio Emanuele contro il quale il clan a svuotato un intero caricatore di una calibro 9 x 21; il terzo, il 30 agosto, la camorra ha sparato contro le vetrine del supermercato Euro 2000 Margherita in via Salvo D’Acquisto. I primi due fatti vedono come vittime due persone collegate da rapporti di parentela e di frequentazione alla famiglia Bidognetti. I militari di Aversa e Parete, la mattina dopo, hanno trovato sul posto quattordici colpi di diverso calibro. Prima ancora c’erano stati gli attentati dinamitardi nella cerniera Atellana tra Succivo e Sant’Arpino. In mezzo ai proiettili ci sono i morti. Chi non riesce ad uccidere il coraggio di denunciare la camorra non perdona nemmeno il fatto che continui a respirare. Lo ha dimostrato il numero alto di morti nella campagna di primavera: nove. Cinque i tentati omicidi. Familiari di collaboratori di giustizia, ma anche tante persone comuni che avevano denunciato gli estorsori del clan dieci o quindi anni fa. «Questi non dimenticano mai» diceva Dario De Simone ai magistrati negli anni 90. Proprio ieri è stato celebrato il funerale di Antonio Ciardullo, cinquantuno anni, l’imprenditore del settore trasporti ucciso a San Marcellino assieme ad Ernesto Fabozzi, probabilmente, per aver denunciato gli emissari del pizzo nel 1998.

Il Mattino (MARILÙ MUSTO)

La scia di terrore della campagna di primavera

Prima l’omicidio del padre del collaboratore Domenico Bidognetti, poi i timori per l’autobomba al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, poi le scritte sui muri del paese che ribadiscono le ingiurie contro lo scrittore Saviano e la giornalista Rosaria Capacchione, oggetto di minacce insieme al magistrato Raffaele Cantone. E ancora: l’incendio che devasta la fabbrica di materassi «Hardflex», il cui titolare Pietro Russo ha denunciato i Casalesi e fondato l’associazione antiracket. Infine, gli atti di vandalismo in una residenza confiscata al clan e gli omicidi di Domenico Noviello, Michele Orsi, Raffaele Granata, fino alle intimidazioni della scorsa notte a Villa Literno. È la cronistoria di una drammatica sequenza di atti intimidatori susseguitisi lo scorso maggio, alla vigilia della camera di consiglio del processo Spartacus fissata il 9 giugno scorso. Un avvio datato 13 marzo, quando fu letta in aula, in Corte di Assise di appello, l’inquietante istanza di legittima suspicione firmata da Francesco Bidognetti (capo detenuto, e con due pentiti importanti nella sua famiglia), e Antonio Iovine (il capo latitante da dodici anni e mezzo). Il 23 aprile l’appello pubblico di Anna Carrino, per un quarto di secolo compagna di Francesco Bidognetti e poi pentita: «Lo Stato vincerà, pentitevi». Una settimana, il 2 maggio, a Castelvolturno, l’omicidio di Umberto Bidognetti, padre di Domenico, da un anno collaboratore di giustizia. L’8 maggio l’allarme per un progetto di attentato, programmato per il giorno successivo, al Tribunale di Santa Maria, allarme che si ripeterà il 19 e il 29. Il 13 maggio l’attentato incendiario contro la fabbrica di materassi di Pietro Russo, presidente dell’associazione antiracket di Santa Maria Capua Vetere: aveva denunciato e fatto arrestare e condannare alcuni esponenti del clan. Il 16 maggio a Castelvolturno, l’omicidio di Domenico Noviello: nel 2001 aveva fatto arrestare e condannare estorsori della fazione bidognettiana del clan dei Casalesi. Poi il ferimento di Francesca Carrino, nipote della donna di Bidognetti, e il tentato omicidio della madre Maria. Poi ancora l’omicidio di Michele Orsi. Infine quello di Raffaele Granata e, la scorsa settimana, dei due autotrasportatori di San Marcellino. È l’ala bidognettiana del clan a sparare. Due gruppi paralleli, ciascuno con diverse aree di influenza, composti da latitanti – come Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, i cugini Letizia, Emilio Di Caterino, i Vargas – che starebbero vendicando l’onore di famiglia, macchiato dai pentimenti di Domenico Bidognetti e Anna Carrino.

Il Mattino (BIAGIO SALVATI )

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