La mano dei Casalesi sul Polo Tessile

di Redazione

 CARINARO. Dopo le 107 ordinanze di custodia cautelare contro il clan Schiavone di Casal di Principe, il Corriere di Caserta ha pubblicato le rivelazioni del pentito Paolo Di Grazia contenute nell’ordinanza della Dda, riguardanti l’interesse dei Casalesi sul polo tessile Impreco, situato sui territori di Gricignano e Carinaro.

Di Grazia, nell’interrogatorio del 5 giugno 2006, riferiva: Massimo Russo, detto ‘Paperino’, fece da portavoce al fratello Giuseppe Russo, detto ‘Il Padrino’, acconsentendo che il mio gruppo, insieme al gruppo di Andrea Autiero, detto “’o scusuto”, potesse percepire una quota dell’estorsione ai danni della ditta Impreco. Pertanto, accetti la proposta di Russo e dal quel momento fu versato al mio gruppo uno stipendio mensile di 15 milioni di lire per il tramite di Massimo Russo e per il tramite di Giovanni Fondino (arrestato di recente, ndr), nipote di Andrea Autiero. Successivamente, nel 2001, ebbi un incontro direttamente con Giuseppe Russo, a cui erano presenti anche Fondino, Vincenzo Schiavone detto ‘Petillo’, Giuseppe Misso detto ‘carica a lieggio’, Lello Letizia, che ci aveva accompagnato a Casal di Principe sul luogo dell’appuntamento da noi sconosciuto, ed altri che non ricordo. Durante l’incontro si parlò sempre dell’estorsione all’Impreco, del progetto che io avevo di uccidere Orlando Lucariello, che fu avallato anche da Giuseppe Russo, della possibilità da parte del mio gruppo di gestire il traffico di spaccio di droga nelle mie zone di competenza in autonomia dal clan dei casalesi e dell’attentato a Raffaele Della Volpe e dell’omicidio di Nicola Zappetella.

Riccardo Di Grazia, fratello di Paolo, nell’interrogatorio dell’8 maggio 2006, dichiarava: “Quanto ai rapporti con l’amministrazione comunale di Carinaro, posso dire che la necessità di relazionarci con la stessa e, in particolare, con il sindaco, si ebbe quando vi fu il progetto per la realizzazione di una zona tessile, a Carinaro stesso. Si dovevano costruire dei capannoni industriali, nella zona di Carinaro, e ricordo che si trattava di fabbricati da finanziare con fondi pubblici, non so dire di quale provenienza. La nostra intenzione era quella di comprendere quello che stava avvenendo nell’amministrazione comunale e di agire in modo che venissero scelte, quali ditte sub-appaltatrici, delle ditte di Carinaro, anche a noi vicine. La cosa rendeva ovviamente possibile, per noi, di riuscire più agevolmente ad ottenere delle somme di denaro prendendo accordi con i sub-appaltatori. Avremmo saputo esattamente gli importi degli appalti e potevamo relazionarci nel migliore dei modi. Per questo motivo si decise di avvicinare il sindaco dell’epoca, Salvatore Affinito. Era il 2001 e, tramite Antonio Rispo, fu possibile organizzare un incontro tra mio fratello Paolo, me, Rispo e Salvatore Affinito, incontro che si tenne a Trentola, a casa di Mario Mezzacapo. Io e mio fratello eravamo entrambi latitanti all’epoca, e Antonio Rispo – un imprenditore edile amico di Affinito, cognato di mio cugino Angelo Compagnone – fece si che il sindaco venisse a casa di Mezzacapo. L’incontro si tenne tra noi quattro e in quell’occasione mio fratello fece le sue richieste. Mio fratello conosceva già Affinito, dall’epoca in cui Paolo era ragazzo e giocava a calcio nel Carinaro, e Paolo gli chiese spiegazioni in relazione a ciò che stava facendo il Comune. Gli chiede si far affidare – da parte della ‘ditta madre’ – il maggior numero di lavori alle ditte di Carinaro, e di favorire la ditta di Rispo e quella di mio cugino Compagnone, le quali avrebbe operato insieme. Affinito disse che l’interesse era comune, anche intendimenti del sindaco erano infatti quelli di favorire le ditte di Carinaro, e diede la sua disponibilità. Io fui arrestato un paio di mesi dopo questo incontro e non seguii molto ciò che accadde in seguito alle promesse del sindaco Affinito. Posso però dire che, dopo la mia scarcerazione del 2002/2003, noi mettemmo una bomba alla sua Autoscuola a Gricignano, non avendo mantenuto questi gli impegni dati. La bomba fu collocata da me, mio cugino Francesco Di Grazia e Salvatore Di Domenico durante la notte”.

Luigi Diana, nell’interrogatorio del 25 maggio 2006, dichiarava: “Il polo tessile, che versava la tangente pari a 15 milioni di lire mensili nelle mani di Vincenzo Schiavone detto ‘Copertone, che a sua volta li consegnava a Nicola Panaro (nipote del boss Francesco Schiavone ‘Sandokan’, ndr)”.

Il fatto che l’Impreco versasse il pizzo al clan trova piena conferma nella contabilità tenuta da Vincenzo Schiavone detto ‘Copertone’ per conto di Panaro, nella quale, fra le entrate, era riportata la cifra di 15 milioni di vecchie lire alla voce Polo Tessile.

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
Whatsapp
Redazione
Condividi con un amico