Cosentino è bene che si dimetta

di Redazione

Walter VeltroniCASAL DI PRINCIPE. “C’è un sottosegretario di questo governo che è stato chiamato in causa per la quinta volta da cinque pentiti differenti e non ha sentito il bisogno di dare alcun chiarimento.

Credo che la sua presenza in una postazione così delicata sia imbarazzante per tutto lo schieramento di maggioranza. Sarebbe opportuno che facesse un passo indietro”. Martedì 14 ottobre è una giornata particolare per Walter Veltroni: il Pd da lui guidato festeggia il primo anno di vita, sono passati esattamente 12 mesi dalle primarie che lo elessero segretario, il leader del maggiore partito di opposizione celebra la ricorrenza decidendo di riaprire con forza il capitolo dei rapporti tra criminalità organizzata e politica. Tra un mese Veltroni tornerà a Casal di Principe per una manifestazione, oggi chiede le dimissioni del sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, l’uomo forte di Forza Italia in Campania, messo sotto accusa dai pentiti per i suoi legami con il clan dei casalesi. “Ci sono aree di collusione, ambiguità, connivenza: la mafia e la camorra sono in grado di garantire voti, a qualcuno possono piacere quei voti. Vorrei che questa volta Berlusconi non dicesse me ne frego o che lui ha da lavorare”.

Cosa la indigna e la preoccupa di più?
“Prenda quello che succede a Roberto Saviano. Non capita in altri paesi che giornalisti e scrittori che hanno avuto il coraggio di fare il loro lavoro e di raccontare la realtà in cui si trovano a vivere siano costretti a girare sotto scorta. Di recente ho incontrato il mio amico Salman Rushdie, anche lui per anni ha vissuto blindato, ma dopo essere stato oggetto di una fatwa a causa dell’intolleranza religiosa. In Italia può accadere che un giovane scrittore coraggioso come Roberto e i carabinieri della scorta che lo proteggono siano minacciati di morte. Non accade nulla di simile in Francia e in Germania, in nessun altro paese europeo. Non è possibile che ci siano dei santuari che vengono combattuti da giornalisti, poliziotti, magistrati e nei confronti dei quali, invece, esiste un atteggiamento spesso ambiguo di uomini politici”.

Il caso di Saviano è il più clamoroso, ma non è l’unico. Ci sono altri giornalisti finiti nel mirino della camorra: come mai?
“Rosaria Capacchione, la giornalista del ‘Mattino’, ha ricevuto la più inquietante delle minacce perché sono entrati nel suo appartamento e non hanno toccato nulla. È un messaggio preciso, significa dire: sei sotto il nostro controllo. E io dico che non deve poter accadere che la casa di una giornalista minacciata non sia vigilata. Ci sono tanti agenti di scorta sotto le abitazioni di ministri e di ex ministri di questo Paese senza che ce ne sia alcun bisogno: vengano spostati sotto le case delle persone che sono autenticamente a rischio. Ma attenzione: per giornalisti coraggiosi come Saviano e come Rosaria esistono poi giornali che fanno da portavoce alla camorra. Sono i giornali che Roberto ha denunciato più volte, mi ha fatto vedere le copie quando ci siamo incontrati, e che devono essere isolati dalla categoria. Di tutto c’è bisogno tranne che degli house organ della camorra”.

Lei parla di ambiguità dei politici: da sempre nelle regioni meridionali esistono collusioni tra i partiti e gli uomini dei clan. Nelle carte che riguardano il sottosegretario Nicola Cosentino si parla di cospicui pacchetti di voti garantiti dalla camorra. Il Pd che lei dirige ha le carte in regola?
“Nella politica ci sono aree di collusione, ambiguità, connivenza: la mafia e la camorra sono in grado di garantire voti, a qualcuno possono piacere quei voti. Per quanto mi riguarda, ho fatto la campagna elettorale andando nelle zone dove la criminalità organizzata è più radicata e ripetevo nei miei comizi: mafiosi non votateci perché vi vogliamo annientare. A campagna elettorale conclusa hanno trovato intercettazioni di uomini della ‘ndrangheta che se la prendevano con me e con altri esponenti del Partito democratico per queste affermazioni. Ma non ci facciamo intimidire. Abbiamo deciso di convocare per il 15 novembre a Casal di Principe gli Stati generali per la legalità e di concludere con una grande manifestazione nella stessa piazza dove sono stato già a giugno. E la lotta a tutte le mafie sarà uno dei temi centrali della manifestazione di Roma del 25 ottobre. Così dovrebbero fare tutti i partiti, indipendentemente dalle opinioni politiche. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone avevano probabilmente idee politiche diverse, ma erano due grandi difensori della legalità e della democrazia”.

L’Espresso (Marco Damilano)

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