Il Vescovo Nogaro: “I politici piegati alla camorra”

di Redazione

il vescovo Raffaele Nogaro CASERTA. In occasione della tre giorni di mobilitazione antirazzista iniziata sabato a Caserta, alla luce del massacro degli immigrati di Castelvolturno, il vescovo Raffaele Nogaro ha denunciato i rapporti tra politica e camorra.

“La politica si è indebolita – ha detto nel corso del corteo a cui hanno partecipato 5mila persone secondo le forze dell’ordine, 10 mila secondo gli organizzatori – ed è spinta, non vorrei dire guidata, dal potere camorristico. Vuol dire che non è detto che il politico sia camorrista, però deve comportarsi secondo le regole che stabiliscono i malviventi”. Prima della manifestazione – promossa dal Movimento dei migranti e dei rifugiati, dal Centro Sociale ex canapificio, da Nero e Non solo, Arci, Acli, Cidis, Caritas, Azione Cattolica, Padri Sacramentini, Casa Rut, Cgil e tanti altri – il vescovo ha anche dispensato una lettera dai contenuti forti, che pubblichiamo:

LA ILLEGALITA’

E’ triste doverlo constatare, ma in un territorio, come Terra di Lavoro, dove la barbarie umana è ancora così arrogante, i rapporti del vivere sociale sono piuttosto caratterizzati dal rovescio della virtù, che da un principio valoriale di condotta: ecco la illegalità come sistema.

L’illegalità sembra essere il costitutivo della società d’oggi.

Le vicende del nostro Paese hanno un carico di malvagità, pesantissimo, e sembra irreversibile.

Dossetti parla della “notte” della storia, di cui non si intravede l’aurora. E chiede alla “sentinella” della rivelazione, di poter aver l’abboccamento della speranza. Saggezza di Dossetti, perché non si potrà mai avere la luce senza la parola di Dio.

E le persone oggi non cercano il Signore. Ecco perché il loro vivere è pieno di sfiducia.

E’ una sfiducia che si incarna nel disinteresse verso il bene comune, nel ripiegamento verso il proprio interesse personale, e in una sconcertante rassegnazione alla fatalità.

In questo quadro appare il fenomeno della illegalità, che è la violazione aperta, quasi giustificata di ogni legge.

La sfiducia ribelle è l’humus della criminalità.

Passo dalla considerazione della illegalità, all’analisi della criminalità, perché sulle nostre terre questa violenza è tremendamente presente.

– C’è “la piccola criminalità”, cui purtroppo corrisponde una facile assuefazione da parte dei cittadini, quasi fosse un male inevitabile. Così, sempre più aumenta il numero delle vittime che non sporgono denuncia, ritenendola del tutto inutile.

Il dato dimostra una rassegnazione infelice che vanifica il senso della legalità.

L’altra forma è quella della “criminalità organizzata”. Sulle nostre terre sembra onnipotente. Nulla sfugge al suo controllo. Tutto essa dirige.

Compone vere e proprie bande armate che non solo spadroneggiano, ma umiliano ogni forza dell’ordine, che pretende contrastarle.

Viene considerata uno “stato di fatto”, alternativo allo “stato di diritto”.

Ma non è così. Essa è il “potere” in assoluto delle nostre terre.

Fa la politica e fa l’economia. Non ha interesse per la produzione, quanto per il mercato. Sono presenti nelle nostre zone i centri commerciali più grandi del mondo. I mezzi finanziari procurati con il traffico d’armi e di droga sono immensi. Il cittadino si adegua con una certa disinvoltura, perché pensa che l’affare sporco è pressoché infinito, fino a dare incentivo e maggiore sviluppo anche all’affare pulito.

Quando sento giovani della scuola dirmi: “la camorra mi dà lavoro, lo stato no”. Che risposta posso dare?

– Una forma non meno inquietante è quella praticata dai “colletti bianchi”. E’ la camorra di coloro che detengono l’autorità per un profitto illecito, usano la pubblica amministrazione per interessi di parte.

In questo settore entra anche il fenomeno della “casta”, il latrocinio legalizzato dei governanti nei confronti della povera gente. La quale non può arrivare a fine mese se i soldi del bene comune vanno tutti nelle tasche di coloro che amministrano.

La “casta” è diventata ormai la legalizzazione della Tangentopoli.

In Italia ha assunto proporzioni allucinanti.

– In questo contesto si può considerare con maggiore oggettività il tema della illegalità.

L’illegalità è ormai “pervasiva”, investe tutti i ceti sociali, tutte le strutture del consorzio umano. E’ difficilmente identificabile con una categoria specifica di persone.

E’ “organizzata” non soltanto nei suoi clan, ma anche come forma di vita sociale, che fa parte di una modalità diffusa di comportamento, di una concezione stabile della convivenza civile.

Si potrebbe parlare di illegalità “strutturale”, nel senso che si configura come un sistema di vita: è la “deresponsabilizzazione” delle singole persone.

Allora si ha la illegalità più insidiosa e devastante, quella che tranquillizza la coscienza, perché la porta a riconoscere come unica legge quella dell’interesse personale.

Viene così compromessa tutta la “morale”.

Propriamente l’attività illegale distrugge la morale.

Una convivenza umana e umanizzante vive dell’esercizio della legalità. Ma non c’è senso della legalità se la propria vita non è moralmente impegnata.

– Le “leggi” che dovrebbero nascere come espressione di giustizia e di promozione di tutti i diritti della persona, sono spesso il frutto della contrattazione delle parti sociali più forti, che vanificano le istanze delle classi sociali più deboli.

Alcune leggi sono anzi per sé ingiuste, si pensi a quella attuale della immigrazione, e favoriscono l’illegalità, invece di deluderla.

La legge non fa morale, non produce cioè l’urgenza di valore di cui l’uomo ha bisogno per vivere.

Occorre una “coscienza”. Una coscienza che conosca i principi e i beni radicali della vita.

E questa coscienza deve diventare la verità di ogni persona umana.

Le Scritture dicono che “nessun uomo è profano o immondo” (At.10,28). Ogni uomo, cioè, è sacro e integro.

Il testo rivelato aggiunge che Dio con il “suo amore eterno” (Ger.31,3) “non fa preferenze di persone”. Anzi “ogni uomo a qualsiasi popolo appartenga è bene accetto a Dio” (At.10,34-35).

L’illegalità proclama il diritto della forza, escludendo la forza del diritto.

Nega pertanto il valore della persona, depositaria del diritto.

L’illegalità è sempre violazione d’umanità.

La chiesa deve contrastare queste forme di avvilimento della società, perché nella depressione civile c’è lo smarrimento dell’uomo.

E la salvezza dell’uomo è il tutto della chiesa: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore” (Rm.13,8-10).

Ecco: “pieno compimento della Legge è l’amore”.

“Amare” quindi comprende tutta la morale e comprende tutta la giustizia.

E nessuno può educare ed agire per il “pieno compimento della Legge” se non quella centrale dell’amore che è la chiesa.

Essa ha il compito di creare le “coscienze” che corrispondano alla “voce”, alla volontà del Signore.

Si può dire, perciò, che cominciando dai ragazzi, la chiesa dovrebbe usare il “catechismo della legalità”, accanto al catechismo della fede.

Solo la chiesa infatti può far capire che il compito e la finalità dell’ordinamento sociale provengono dall’uguaglianza originaria di tutti.

E la morale, a fianco della legalità, si pone a norma di ogni persona, per sostenere i suoi valori e le sue esigenze, e per proteggere sempre i diritti di tutti e di ognuno.

La nostra società rimane corrotta, e legittimata nella sua corruzione, se i responsabili non pagano di persona per un vero riscatto morale di essa.

Il discorso della conversione, oggi, si fa sulla strada, dove ogni persona si impegna a difendere il bene dell’altra.

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