Una devastante partita di esplosivo sarebbe già in possesso del gruppo stragista del clan dei Casalesi, l’ala terroristica guidata dal superlatitante Giuseppe Setola. Materiale che sarebbe già giunto a destinazione. I pubblici ministeri dell’antimafia considerano questa voce “attendibile, fondata”. E si fanno domande: dov’è custodito quel tritolo? E soprattutto: a chi è destinato?
È l’interrogativo cui si cerca di dare una risposta attraverso una serrata attività d’intelligence, e in una notte che si trasforma anche in un’altra corsa contro il tempo. Giro di vite per le misure di sicurezza. Dopo i contatti immediati con le questure di Napoli e Caserta e con i rispettivi vertici dei carabinieri, il codice rosso scatta al Viminale. Diventa visibile sul territorio il rafforzamento della protezione agli “obiettivi sensibili”.
Si temono azioni dimostrative dinanzi a uffici di polizia e carabinieri non solo a Casal di Principe, ma anche in altre località. Viene naturalmente intensificata la vigilanza per tutti i possibili bersagli della cosca che dalla scorsa primavera a oggi ha sterminato innocenti, familiari di pentiti e di testimoni di giustizia, colpito donne e massacrato extracomunitari. Allerta massima sul cordone già steso intorno a Saviano, al magistrato Raffaele Cantone.
È un allarme che, significativamente, chiude la giornata organizzata proprio a Casal di Principe da intellettuali e studiosi per una giornata anticamorra organizzata da Sinistra democratica e che aveva riempito il paese con manifesti contro i criminali (“Facciamo neri i camorristi”) e in segno di solidarietà per Roberto Saviano (“Saviano è amico mio”). Manifesti che, già di buon mattino, in alcuni casi appaiono strappati o coperti da insulti contro l’autore di Gomorra.
Poche ore più tardi, ecco tornare l’emergenza attentati. Una notizia che, catturata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, conferma e accresce il rischio già noto a tutti gli inquirenti impegnati sul fronte dei casalesi. Il procuratore aggiunto Franco Roberti, con i pm Alessandro Milita, Cesare Sirignano, Antonio Ardituro, Raffaello Falcone, Catello Maresca, Francesco Curcio, Giovanni Conzo, Marco Del Gaudio, avevano in diverse inchieste raccontato la potenziale capacità eversiva della cosca mafiosa del casertano. Un piano B del terrore, dopo i numerosi colpi subiti dal gruppo dei bidognettiani (le denunce per racket, i numerosi pentiti).
Un clan che tuttora vive della protezione di larga parte della società civile di interi comuni del casertano, ma il cui gruppo di fuoco è ormai ridotto a pochi elementi, dopo la cattura dei tre killer fedelissimi di Setola, Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia e Oreste Spagnuolo. Quest’ultimo è divenuto pentito dopo appena tre giorni dalle manette, un’arma” preziosa nelle mani della giustizia. È lo stesso Spagnuolo, a raccontare al pool antimafia, il 7 ottobre scorso: “Setola mi ha parlato del fatto che cercava di procurarsi un detonatore con telecomando. Non mi ha spiegato cosa voleva farci, ma diceva che era un modo facile per uccidere”.
E il disegno del tritolo ora ricorda da vicino la strategia dei corleonesi che sfociò negli attentati contro Falcone e Borsellino. Ma sul fronte di Gomorra lo Stato ha annunciato che non farà marcia indietro. A Caserta, sette giorni fa, è tornato il ministro dell’Interno Roberto Maroni, per annunciare che i 400 uomini di rinforzo e i 500 parà della Folgore sarebbero rimasti ben oltre la scadenza di dicembre. “Lo Stato non se ne va a Natale, da questi territori”. Lo Stato che deve arrivare prima del tritolo.
da Repubblica, 07.11.08 (di Conchita Sannino)