MARCIANISE. In occasione del “Giorno della Memoria”, l’ISISS “Novelli” di Marcianise ha organizzato un interessante incontro-dibattito con due ospiti d’eccezione, testimoni di due drammatiche pagine della nostra storia, che avrà luogo il 24 gennaio …
… presso il cinema-teatro Ariston. Obiettivo: indurre i ragazzi a riflettere tutti insieme, sul dramma vissuto da circa 6.000.000 di persone, a ridosso della seconda guerra Mondiale, grazie ad un folle progetto nazista. Molto toccanti sono le storie di Graziella di Gasparro e di Michele Criscuolo, i testimoni che saranno ospiti del Novelli, entrambi figli di vittime della Shoah. Si tratta di due storie diverse, magari importanti come tante altre che non saranno mai conosciute. Sono spaccati di vita che attestano un eroismo naturale, ma anche una viva sete di giustizia, nella consapevolezza che tale diritto, ormai, può compiersi solo con la trasmissione del ricordo.
La storia di Giuseppe Criscuolo, padre di Michele, di Praiano, in provincia di Salerno, venuta alla luce – per caso – qualche anno fa, è un esempio di eroismo vissuto con naturalezza. Il testimone, ormai deceduto, all’epoca era sergente maggiore dell’Aeronautica militare. Egli attraverso una dichiarazione rilasciata al ritorno dalla deportazione, ha attestato il dolore e l’amarezza per le umiliazioni e gli stenti subiti dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre 1943. Egli ha riferito che il 13 settembre si trovava a Ravenna con circa 60 colleghi quando i tedeschi obbligarono tutti a rimanere a loro disposizione. Fu per il contegno mantenuto dai militari nel corso dell’ammaina bandiera, che si sciolse, infine, in un pianto ininterrotto, che i tedeschi lasciarono liberi i loro ostaggi. Tuttavia, i problemi del militare non erano certo finiti. Dopo un viaggio di circa 800 km di cui almeno 200 a piedi, il sergente maggiore Criscuolo, dopo aver percorso boschi e monti, soffrendo sete e fame, era riuscito quasi a raggiungere il suo paese, ma a Cava dei Tirreni fu catturato dai tedeschi – il 22 settembre – e trasportato nel campo di concentramento di Sparanise. Dopo sei giorni fu caricato su un carro bestiame e deportato in Germania, a Lipsia, dove giunse il 5 ottobre. All’inizio fu scaraventato in un grande edificio adibito a carcere, poi venne avviato nel campo 9 A.T.G. a Lipsia ove rimase fino al 17 gennaio del 1945, data in cui, in seguito alla distruzione della baracche che lo ospitavano, fu spostato a Baalberge (Bernburg). Nel corso della sua prigionia, il testimone ha riferito di essere stato invitato e poi forzato ad aderire allo pseudo governo repubblicano e a combattere al fianco dei Tedeschi. In seguito al suo eroico e categorico rifiuto, fu costretto per rappresaglia ad un lavoro ancora più duro: lo scavo di fosse all’aperto, soffrendo freddo e fame, perché sprovvisto di indumenti idonei e perché nutrito solo di carote ed acqua. Dal 17 gennaio fu costretto ad un lavoro ancora più duro, a circa 450 m. sotto terra, nella “Solvey Werk” dove veramente si convinse di non sopravvivere, date le privazioni e le grandi fatiche e sofferenze alle quali era sottoposto. Nella sua testimonianza si legge: “Il mio corpo che pesava circa 68 kg prima della deportazione, raggiunse il perso di 42,5 chili, compresi gli zoccoli e gli indumenti. Per fortuna potei constatarlo all’arrivo degli alleati, che mi salvarono da una morte certa”. Il signor Criscuolo riuscì a raggiungere la sua famiglia – che non sperava più nel suo ritorno – solo il 21 giugno del 45, ma prima di riprendere la prosecuzione della carriera, fu costretto a letto per molti giorni.
Diversa per ambientazione e modalità è la storia di Graziella Di Gasparro, che la mattina del primo novembre del 1943, quando aveva solo 10 anni, assistette, inerme, al supplizio e poi all’uccisione di suo padre, per rappresaglia, a Conca della Campania. La testimone, ormai adulta, da allora, non ha smesso mai di lottare, affinché non si dimenticasse una delle innumerevoli inutili stragi ai danni di persone innocenti. In una toccante lettera, simbolicamente diretta al padre, ella scrive: “Sono vissuta perché tutti ricordassero con me, l’atrocità, la ferocia, la barbarie, la cieca violenza che aveva strappato te dalle mie piccole braccia e che inesorabilmente si era abbattuta anche sui tuoi compagni di morte. Sono vissuta per il bisogno di dire, perché fosse onorato il ricordo di te e di quanti, con te, dimenticati , furono trucidati quella mattina del 1° novembre 1943 e per testimoniare che li, nel campo del massacro, gli occhi inorriditi di una bambina, avevano visto successivamente, un’erba tinta di rosso e che li, nel luogo dove si era compiuto l’infame delitto, qualcuno portasse un fiore, ponesse un segno, sia pure piccolo e scarn, a memoria della strage dimenticata.
È dal duemila, ormai, che il 27 gennaio di ogni anno, si celebra in Italia la giornata della memoria. Il fine principale di tale rievocazione è quello d’impedire che le nuove generazioni dimentichino o sottovalutino ciò che la Shoah ha rappresentato per l’intera umanità, ovvero l’annullamento immotivato di ogni dignità, inflitto a persone, da esseri pur detti. umani!
L’istituzione di un giorno dedicato al ricordo è più che mai utile affinché i giovani sappiano e riflettano sulla violenza che l’uomo può scatenare sui suoi simili, in nome di un’idea fanatica e immorale.
“Affinché non si ripeta più la sopraffazione dell’uomo sull’uomo,- ha dichiarato la professoressa Emma Marchitto, Dirigente Scolastica dell’ISISS “Novelli”, – forse il mezzo più idoneo per invogliare i ragazzi a essere informati è quello di indurli ad apprendere direttamente da chi può ancora raccontare, finché ce ne sarà la possibilità. È necessario rendere nota a tutti la vita d’inferno di chi fu deportato nei campi di concentramento ma anche di chi fu costretto a subire violenze senza spostarsi dal proprio paese”.
Caterina Vesta