L’Imam di San Marcellino a Fini: “Qui si prega in italiano”

di Redazione

 SAN MARCELLINO. «Non so se Fini comprenda o meno ciò che dice. Ma noi la preghiera del venerdì, a mezzogiorno- l’unica che ha bisogno di essere fatta nella lingua del paese- normalmente la traduciamo già. Si svolge in due momenti: il primo in arabo, il secondo in italiano».

Nasser Hidouri (quarantatre anni, origine tunisina), imam della moschea di San Marcellino, che ha una platea di fedeli tra le più vaste d’Italia, commenta dall’Istituto degli studi di Napoli «Orientale »- dove segue un corso di Lingue e storia della cultura araba e islamica – la proposta del presidente della Camera Gianfranco Fini di predicare in italiano nelle moschee del Paese, per evitare il rischio di istigazione all’odio e alla violenza.

Una proposta che lei condivide?
«Una preghiera solo in italiano non è possibile, perché la traduzione ne farebbe perdere il senso giusto.Io traduco in italiano perché in moschea, tra le circa 600 persone che arrivano il venerdì, vengono anche molte- ghanesi e nigeriani, ad esempio- che non conoscono l’arabo. Solo per questo, non per il rischio paventato da Fini, anche se comprendo la paura. Come imam io sono una guida di preghiera, un riferimento: il mio ruolo è quello di un mediatore culturale. Ma non obbligo nessuno a far niente».

Parla anche da presidente dell’«Associazione socio culturale islamica in Italia», che ha sede proprio a San Marcellino?
«Certo. Come mediatore culturale sono molto aperto al dialogo. Abbiamo buoni rapporti di collaborazione col Comune: il sindaco di San Marcellino, Pasquale Carbone, è molto attento a noi e viene spesso a trovarci in moschea, talora anche con alcuni suoi amici. Abbiamo buoni rapporti anche con la Provincia e con la Regione. Organizziamo momenti in piazza per mostrare proprio la nostra disponibilità al dialogo e a rispondere a qualsiasi tipo di domanda». L’abbiamo fatto anche lo scorso 20 dicembre, incontrando otto sindaci della zona ed esponendo loro anche i nostri problemi.

Come si spiega la proposta di Fini?
«Non vorrei che ci fosse una strumentalizzazione politica. Nella maggioranza c’è sempre qualcuno che vuole far passare agli italiani il messaggio che noi rappresentiamo un’emergenza e un rischio per il Paese. Ma il popolo italiano non è ignorante. Non voglio entrare nei meriti politici, ma spero che la sinistra italiana si rialzi e faccia qualcosa di positivo per noi. Ripeto, capisco la paura, ma così facendo, partendo da una preoccupazione che è minima, non fanno che porre ostacoli alla nostra comunità ».

Con quali conseguenze?
«I musulmani potrebbero leggere l’obbligo di una predica in italiano come un tentativo di volerli allontanare dalle loro origini. Io invece propongo di affiancare sempre le due lingue».

Una controproposta, dunque?
«Esatto».

dal Corriere del Mezzogiorno (di Marilena Mincione)

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