Milano, omicidio-suicido all’Asl: l’egiziano era già soggetto pericoloso

di Redazione

carabinieriMILANO. Aveva già manifestato in precedenza intenzioni minacciose l’egiziano di 53 anni, Mohamed Barakat, che ieri, durante la visita in un consultorio familiare, ha ucciso il figlio di nove anni e poi si è suicidato.

La sua ex compagna, Antonella P., “aveva presentato decine di denunce per le minacce manifeste che l’uomo le faceva e riguardanti il bambino”, afferma l’avvocato della donna Rosalba Cilia, che precisa: “I due non erano sposati e avevano convissuto solo pochi mesi assieme, poi lui se ne era andato un mese prima che nascesse il bambino”.

Lo stesso legale ha ricordato i precedenti penali dell’egiziano: condannato negli anni ‘80 a 2 anni e 6 mesi di reclusione per alcuni furti, denunciato nell’83 per detenzione di stupefacenti e segnalato più volte in Questura con diversi nomi fittizi.

Barakat vedeva il figlio solo attraverso “incontri protetti” alla presenza di un educatore. Ieri aveva probabilmente premeditato il folle gesto: è arrivato in sala colloqui, poi, uscito in corridoio, ha sparato subito un colpo di pistola contro il bambino, andato a vuoto. Forse l’arma si è inceppata, oppure l’unico colpo in canna non ha centrato il bersaglio. A quel punto ha estratto il coltello e si è avventato sul figlio, colpendolo più volte al petto, per poi togliersi la vita con lo stesso coltello.

Proprio mentre si consumava il dramma, l’ex compagna era a colloquio con il suo legale per predisporre la costituzione di parte al fine di opporsi il ricorso che l’egiziano aveva presentato contro gli incontri protetti col figlio. Questo tipo di incontri rappresentavano, dopo numerose denunce, l’unico risultato ottenuto dalla donna per proteggere il figlio. Ma ciò non è bastato.

Un medico del Centro Socio Sanitario di San Donato ha rivelato: “Il bambino aveva un doppio nome, italiano ed egiziano, era molto ben integrato, faceva sport e andava bene a scuola. Frequentava la terza elementare e aveva portato a casa una pagella piena di otto e di nove. Il bimbo era molto legato alla madre”. Secondo il medico, non era altrettanto ben integrato il padre, sebbene fosse qui da tanti anni: “Era violento con la ex convivente, ma mai con il figlio. Ma erano frequenti gli episodi di disturbo e le minacce. E la donna temeva che l’ex marito portasse via il figlio, timore che aveva più volte espresso anche alle consultazioni con il nostro personale”.

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