SPARANISE. Ancora una testimonianza. Lennesima. Questa volta a parlare è proprio uno sparanisano che abitava a dieci metri dai reticolati del campo di concentramento allestito dai tedeschi a Sparanise.
E linsegnante Vespasiano Fusco che è stato testimone oculare di quei giorni. Dopo i libri, i diari, le foto, il film e perfino le testimonianze dei reclusi. Cè unaltra testimonianza che conferma e spiega ancora meglio quanto affermato dal ragioniere Giovanni Desiderio che nellarticolo Ho costruito io le baracche del campo di concentramento. Incominciamo dal deposito merci.
Quel deposito spiega Vespasiano Fusco – è il simbolo del campo sparanisano perché è quel che rimane di allora. Anzi il deposito, era preesistente al campo ed era costruito in tufo, ma fu demolito dai tedeschi in ritirata. Quello di oggi, costruito a fine guerra è stato costruito in mattoni, ma sullo stesso modello di quello precedente. Quel capannone sfondato, era il deposito merci di Sparanise che allepoca era una stazione molto importante. Ricordo per esempio che a Sparanise venivano tradotti da Napoli anche i militari che dovevano essere portati in carcere a Gaeta. Ricordo che i carabinieri tenevano i soldati arrestati in mezzo e li portavano nella Caserma che si trovava nellex Ragioneria. E poi lindomani li portavano sul treno per Formia. Allora non esistendo il trasporto su strada, la merce veniva trasportata quasi esclusivamente attraverso il treno. Ed io e mio padre andavamo in quel capannone a ritirare la marce per il negozio prima e per il supermercato poi. Il Deposito merci, quindi cera ed era identico a questo, solo che era in tufo e fu minato dai tedeschi in ritirata insieme allintera ferrovia: misero le mine sui binari ogni nove metri. Così i treni non avrebbero più potuto camminare. Nel dopo guerra quando fu ricostruita la ferrovia, fu ricostruito ovviamente anche il deposito, ma in mattoni. Ricordo che quando avevo 7 8 anni (oggi ne ho 79), quindi anche prima del 1943 (nel 37- 38) , ci andavo a giocare vicino con gli altri bambini. Ci andavamo perché è sopraelevato e ci piaceva salire e scendere dalla scalinata. Il deposito allora era costruito in tufo, ed era senza intonaco per cui era facile vederlo. I tedeschi poi, prima di andarsene da Sparanise, lo minarono e fu ricostruito in mattoni, ma sulle stessa fondamenta e con la stessa struttura di prima. Perfino con la stessa piccola scalinata. Ricordo anche i pezzi di legno. In particolare ricordo le travi di legno che erano state sistemate dai tedeschi, nellarea dove oggi sorge
Senzaltro uninteressante testimonianza. Qualche negazionista, invece, ricorda nientemeno un centro per la raccolta dei prigionieri organizzato nel 1945 (praticamente a guerra finita) e pone come testimoni una donna (non pensavo che nel campo sparanisano internassero anche donne) e un uomo che a 21 anni (classe 1922) si sarebbe trovato a Sparanise, mentre mio padre si trovava in guerra, recluso in un campo di concentramento in Africa.
A proposito di fascisti e di revisionisti, ricorda il testimone Alfonso Lombardi nel libro La strada di Casa che a Sparanise i fascisti aiutavano i tedeschi a sorvegliare i prigionieri per evitare che scappassero dal campo.
di Paolo Mesolella