CASERTA. Rilasciavano, dietro pagamento e minacce, falsi diplomi di formazione professionale a dei commercianti. Un genere di truffa già balzata alla cronaca, ma resa particolare dal fatto che a perpetrarla erano persone che gestivano beni confiscati alla camorra.
Dalle prime ore dellalba, in varie località della provincia di Caserta e Benevento, i Carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere e della Stazione di Grazzanise, agli ordini del capitano Carmine Rosciano,hanno eseguito cinque provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di persone appartenenti ad unorganizzazione formata da Gaetano Manna (nella foto), presidente di Acli-Terra Campania per la legalità, ente di formazione accreditato dalla Regione Campania, perlarealizzazione di corsi per alimentaristi,e che si occupa della gestione di beni confiscati alla camorra; da un ispettore sanitario dell’Asl Ce1, Carlo Di Rauso, 54 anni; dalla moglie di quest’ultimo, Matilde Fattore, 48 anni, collaboratrie dell’Acli; da un funzionario dell’Asl Ce2 Carlo Formisano, delegato dal Sian (servizio igiene alimenti e nutrizione) a rivestire il ruolo di presidente della commissione esaminatrice che rilasciava i diplomi; e da Marcello Parente, 39 anni, responsabile dell’attività didattica dei corsi di formazione. I primi quattro sono stati tratti in arresto, mentre per Parente è scattato il divieto di dimora.
L’inchiestaè partita dalla denuncia di una commerciante di Santa Maria La Fossa che ha raccontato agli inquirenti come nel marzo 2007 un ispettore della Asl Caserta 1 si fosse recato più volte anche con la moglie (tra gli arrestati di oggi) per spiegare le nuove modalità per ottenere i diplomi che dal 2005 hanno sostituito i libretti sanitari. Lo stesso ispettore aveva anche riferito che l’esame finale si poteva bypassare e ottenere il diploma senza nemmeno frequentare il corso.
Associazione per delinquere, concussione e falsità commessa da pubblici ufficiali i reati contestati dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha coordinato le indagini.
Questo il sistema utilizzato.
da sin. Di Rauso, Fattori e Formisano |
Lispettore dellAsl Ce1, Carlo Di Rauso, in collaborazione con la moglie Matilde Fattore, induceva numerosi titolari di esercizi commerciali a farsi consegnare somme di denaro per rilasciare loro falsa documentazione attestante la frequenza ed il superamento di corsi (in realtà mai avvenuti) di formazione e di aggiornamento obbligatori per gli addetti ad attività connesse alligiene degli alimenti, apparentemente organizzati e gestiti dallAcli Terra Campania. Agli stessi esercenti commerciali veniva prospettato che, qualora non avessero acquistato i falsi attestati, sarebbero stati destinatari di multe, sanzioni, sequestri, eccetera.
Carlo Formisano, funzionario dellAsl Ce2, forniva il suo determinante apporto allassociazione attestando falsamente lavvenuto svolgimento e frequenza dei corsi e rilasciando i relativi diplomi, con la collaborazione di Marcello Parente, responsabile dellattività didattica.
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Gaetano Manna, presidente dellAcli, approfittando dellaccreditamento dellEnte da lui gestito, da parte della Regione Campania, per lespletamento dei corsi di formazione per alimentaristi, ha stretto un patto criminoso con lispettore sanitario e la moglie di questultimo, consentendone la materiale e pratica attuazione e spronando gli stessi ad allargare sempre più il raggio territoriale dazione.
Laspetto maggiorante allarmante della vicenda giudiziaria in esame è il fatto che, con il rilascio di falsi certificati di abilitazione alla manipolazione di alimenti, senza che i titolari abbiano mai frequentato alcun corso e superato alcun esame, si è certamente creata una situazione di pericolo per la salute pubblica, e questo a causa delle irresponsabili e criminose condotte poste in essere da parte di coloro che per primi, stante il ruolo rivestito, avrebbero dovuto provvedere a tutelarla.
Né può essere trascurato laspetto relativo alla funzione rivestita dallAcli Terra Campania per la legalità, che tra i suoi compiti ha anche quello di gestire beni confiscati alla criminalità organizzata per riutilizzarli a fini sociali.