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Il fallimento e la distruzione fisica sono temi che Darren Aronofsky aveva già esplorato in passato ma nel narrare la ballata del lottatore errante, trova il modo per estenderli a una sfera più ampia. Il personaggio di The Ram (interpretato da un Mickey Rourke in stato di grazia) rappresenta infatti l’essenza stessa del fallimento. Colpito da un infarto in seguito a un incontro mortificante, il vecchio wrestler inizia a riflettere sulla sua esistenza e trova nella spogliarellista di Marisa Tomei una donna che per molti aspetti gli somiglia un’affabile confidente che gli suggerisce di mettersi in contatto con la figlia. Spostando le luci di scena dal ring all’animo spezzato di un uomo, Aronofsky assume un piglio compassionevole, senza mai eccedere nei toni evitando la drammatizzazione fine a se stessa. Virando dall'”art-rock” e dal cinema artigianale e visionario al quale ci aveva abituati, per intraprendere una strada narrativamente più semplice e schematica, il regista statunitense (in)segue da vicino il wrestler, riprendendolo spesso di spalle in quello che appare un moto di deferenza, come se non volesse mostrare il declino dell’eroe.
Durante la sua personale ricerca di una rinascita, The Ram affronta a testa alta la vita fuori dal ring, provando con ogni strumento a sua disposizione a diventare l’uomo che non è mai stato. A sostenerlo è il ricordo del boato della folla, lo stesso che continua a tentarlo sebbene sia ormai un “vecchio pezzo di carne maciullata”, perché i colpi inflitti dalla realtà sono più dolorosi di quelli subiti sul palco sotto ai riflettori. L’ultima drammatica sequenza, che lo mostra di spalle, è interrotta dal nero cinematografico e dai titoli di coda accompagnati dalla toccante ballata di Bruce Springsteen scritta appositamente per il wrestler e per tutti i lottatori caduti. www.mymovies.it
CASAGIOVE. Finoa mercoledì 4 marzoLa siciliana ribelle di Marco Amenta, giovedì 5 Un matrimonio allInglese di Stephan Elliot, da venerdì 6 The Wrestler di Darren Aronowsky (Leone d’Oro aVenezia)…
… e da venerdì 20 Fortapasc di Marco Risi. Orario spettacoli: Feriali 16.00 – 18.30 – 21.15 – Sabato e Domenica 16.00 – 18.10 – 20.20 – 22.30.
UN MATRIMONIO ALL’INGLESEUn film di Stephan Elliott. Con Jessica Biel, Colin Firth, Kristin Scott Thomas, Ben Barnes, Kimberley Nixon. Commedia, durata 96 min. – Gran Bretagna 2008.
È facile nonché gratificante per il critico raccomandare a tutti «Un matrimonio all’inglese» («Easy Virtue») diretto da Stephan Elliott sulla base della commedia di Noel Coward già trasposta al cinema (muto) dal giovane Hitchcock. Brillante scorcio d’inglesità anni Venti, sottoposto al vaglio delle battute e del ritmo perfetti (nonostante il doppiaggio sottragga per forza di cose un po’ di glamour), il film contrappone la sportiva e sexy americana Larita al microcosmo aristocratico del fresco maritino John: tra equivoci e contrattempi esilaranti, l’iniziale disagio prima fomenta una sorta di guerra di nervi nella lussuosa ma indebitata magione di campagna e poi smonta l’intera impalcatura delle ipocrisie e dei tabù, delle repressioni sessuali e dei pregiudizi di classe connaturati alla società vittoriana ormai incalzata dall’età del jazz. Proprio l’irriverenza del commento musicale aggiunge un surplus di raffinatezza, intonato com’è al carattere del singolo episodio o addirittura della singola inquadratura; mentre il tema centrale dell’incontro/scontro tra vecchio e nuovo mondo trova nella figura del consorte segregato la chiave adatta per «aprire» a un’improcrastinabile modernità. Gli ottant’anni di vita del testo sono, insomma, scavalcati in scioltezza anche per merito di un cast in stato di grazia, tra cui spiccano la meravigliosa non-oca bionda Jessica Biel, il giovane & innocente Ben Barnes ex principe Caspian di «Le cronache di Narnia», l’irresistibile Colin Firth reduce di guerra e Kristin Scott Thomas nel ruolo della suocera più ridicola e isterica della storia del cinema. Valerio Caprara (Il Mattino)
THE WRESTLER
Un film di Darren Aronofsky. Con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry. Drammatico, durata 109 min. – USA 2008.
Negli anni ’80 Randy “The Ram” Robinson era un eroe del pro wrestling all’apice della carriera. L’incontro con il rivale Ayatollah, sconfitto il 6 aprile 1989, sarebbe rimasto per sempre nella storia dello spettacolare sport. Tuttavia, venti anni dopo “l’ariete” porta sul corpo i segni della lotta. Appesantito e decaduto, lavora part time in un grande magazzino e pratica il wrestling nelle palestre dei licei, ogni fine settimana, per la gioia dei (pochi) fan che gli sono rimasti.
Il fallimento e la distruzione fisica sono temi che Darren Aronofsky aveva già esplorato in passato ma nel narrare la ballata del lottatore errante, trova il modo per estenderli a una sfera più ampia. Il personaggio di The Ram (interpretato da un Mickey Rourke in stato di grazia) rappresenta infatti l’essenza stessa del fallimento. Colpito da un infarto in seguito a un incontro mortificante, il vecchio wrestler inizia a riflettere sulla sua esistenza e trova nella spogliarellista di Marisa Tomei una donna che per molti aspetti gli somiglia un’affabile confidente che gli suggerisce di mettersi in contatto con la figlia. Spostando le luci di scena dal ring all’animo spezzato di un uomo, Aronofsky assume un piglio compassionevole, senza mai eccedere nei toni evitando la drammatizzazione fine a se stessa. Virando dall'”art-rock” e dal cinema artigianale e visionario al quale ci aveva abituati, per intraprendere una strada narrativamente più semplice e schematica, il regista statunitense (in)segue da vicino il wrestler, riprendendolo spesso di spalle in quello che appare un moto di deferenza, come se non volesse mostrare il declino dell’eroe.
Durante la sua personale ricerca di una rinascita, The Ram affronta a testa alta la vita fuori dal ring, provando con ogni strumento a sua disposizione a diventare l’uomo che non è mai stato. A sostenerlo è il ricordo del boato della folla, lo stesso che continua a tentarlo sebbene sia ormai un “vecchio pezzo di carne maciullata”, perché i colpi inflitti dalla realtà sono più dolorosi di quelli subiti sul palco sotto ai riflettori. L’ultima drammatica sequenza, che lo mostra di spalle, è interrotta dal nero cinematografico e dai titoli di coda accompagnati dalla toccante ballata di Bruce Springsteen scritta appositamente per il wrestler e per tutti i lottatori caduti. www.mymovies.it
FORTAPASC
Un film di Marco Risi. Con Libero de Rienzo, Valentina Lodovini, Michele Riondino, Massimiliano Gallo, Ernesto Mahieux. Drammatico, durata 108 min. – Italia 2008.
Nel 1985 Giancarlo Siani viene ucciso con dieci colpi di pistola. Aveva 26 anni. Faceva il giornalista, o meglio era praticante, abusivo, come amava definirsi. Lavorava al Mattino, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli. Era un ragazzo allegro che amava la vita e il suo lavoro e cercava di farlo bene. Aveva il difetto di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti. È stato lunico giornalista ucciso dalla camorra. Noi qui lo seguiamo negli ultimi quattro mesi della sua vita. La sua ultima estate quando, dal Vomero, dove abitava, tutti i giorni scendeva allinferno di Torre Annunziata, regno del boss Valentino Gionta. Tutto, in quel periodo, ruotava intorno agli interessi per la ricostruzione del dopo terremoto e Giancarlo vedeva. E capiva. Lo vediamo muoversi fra camorristi, politicanti corrotti, magistrati pavidi, e carabinieri impotenti, come un giglio nel fango. Proprio la sera in cui venne ucciso, a Napoli Vasco Rossi teneva un concerto al quale Giancarlo sarebbe dovuto andare con la sua ragazza