Rifiuti, sequestrato termovalorizzatore Colleferro: 13 arresti

di Redazione

termovalorizzatore ColleferroROMA. Tredici persone ai domiciliari per traffico illecito di rifiuti e violazione dei limiti delle emissioni ambientali.

I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Roma, dopo una complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Velletri (Giancarlo Cirielli), hanno notificato nelle province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno, 13 ordini di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessi dal Gip del Tribunale di Velletri (Alessandra Ilari) nei confronti del direttore tecnico e responsabile della gestione dei rifiuti degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro; del procuratore e responsabile della raccolta dei multimateriali dell’impianto di una società di gestione di rifiuti di Roma; dei soci e degli amministratori di società di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software; chimici di laboratori di analisi.Notificate anche 25 informazioni di garanzia.

I reati contestati agli indagati, a vario titolo, sono: associazione per delinquere; attività organizzata per traffico illecito di rifiuti; falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico; truffa aggravata ai danni dello Stato; favoreggiamento personale; violazione dei valori limiti delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni; accesso abusivo a sistemi informatici.

Tra i fermati figurano Paolo Meaglia e Stefania Brida, rispettivamente direttore tecnico e responsabile gestione rifiuti dei due termovalorizzatori: per loro era stato chiesto l’arresto ma sono finiti ai domiciliari. Costretti in casa Giuseppe Rubrichi e Angelo Botti, entrambi dell’Ama di Roma, proprietaria, quest’ultima, al 35 per cento di uno dei due impianti. Il primo in quanto procuratore, l’altro in qualità di responsabile dell’impianto di Rocca Cencia. Sotto accusa alcune società, sparse in tutta Italia, che conferivano cdr a Colleferro. Tra queste figura la De.Fi. Am di Serino, provincia di Avellino. Tra gli iscritti nel registro degli indagati c’è anche il commissario straordinario del consorzio Gaia, Andrea Lolli.

L’indagine, avviata nel 2007, continua: si stanno valutando eventuali violenze e minacce agli operai (che hanno indicato alcune incongruenze nella gestione degli impianti soprattutto in merito al materiale bruciato) da parte della dirigenza degli impianti, che pare abbiano subito pressioni per non denunciare gli illeciti consumati nel termovalorizzatore.

In una nota del Noe si spiega che le indagini hanno permesso di raccogliere “inequivocabili elementi di responsabilità a carico dei soggetti che conseguivano ingiusti profitti, rappresentati dai maggiori ricavi e dalle minori spese di gestione dei rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come Cdr pur non avendone le caratteristiche, qualificabili, in parte invece, come rifiuti speciali anche pericolosi e quindi non utilizzabili nei forni dei termovalorizzatori per il recupero energetico”.

In particolare, dai controlli effettuati emergerebbe che i responsabili della truffa hanno allestito uomini e mezzi (impianti di trattamento e recupero, intermediari, laboratori d’analisi, gestori di rifiuti), che conferivano ingenti quantitativi di rifiuti urbani non differenziati ai termovalorizzatori, classificandoli come Cdr benchè privi delle caratteristiche previste dalla legge; hanno falsificato e predisposto certificati di analisi redatti da liberi professionisti (chimici) che attestavano falsamente dati sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti, che hanno consentito la classificazione degli stessi come Cdr; hanno richiesto ed ottenuto incentivi statali previsti dal Cip 6/1992 (maggiorazione sul pagamento inerente all’acquisto dell’energia prodotta dalla termovalorizzazione da fonti alternative da parte del gestore nazionale per l’energia elettrica) e dichiarato al Gestore Servizi Elettrici consumi di gas metano per uso generazione elettrica inferiori a quelli effettivi; hanno eluso i controlli da parte dei carabinieri del Noe con la distruzione o con l’occultamento di certificati ed analisi; hanno alterato i dati relativi ai valori fuori limite, attraverso l’introduzione nei sistemi informatici destinati al controllo dei fumi e delle emissioni inquinanti, alla gestione e conservazione dei relativi dati e la trasmissione degli stessi agli organismi di controllo; infine, dirigenti ed amminsitratori hanno attuato un condizionamento nei confronti di dipendenti ed operai, anche attraverso pretestuose contestazioni disciplinari e sospensioni lavorative, al fine di evitare la collaborazione degli stessi con l’autorità giudiziaria.

Significativo in tal senso è l’episodio che riguarda la combustione di pneumatici di veicoli all’interno del termodistruttore, nonostante le rimostranze e i dubbi posti da alcuni operai verso i responsabili dell’impianto; oppure la combustione di altro materiale non idoneo, che veniva annotato dagli operai sulla documentazione e registri di accettazione con diverse diciture quali “Munezza”, “Pezzatura grossa” o “Scadente”.

È in via di verifica se tali ripetuti illegali conferimenti hanno prodotto pericolose immissioni di fumi nell’ambiente circostante, densamente popolato.

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