SAN NICOLA LA STRADA. Una via o una piazza per Enzo Tortora. E la proposta lanciata dal consigliere comunale Domenico Russo per ricordare il noto conduttore televisivo vittime di unassurda vicenda giudiziaria.
Se la toponomastica è definita la scienza ausiliaria della storia che permette di mantenere viva la memoria, è nostro dovere ricordare Enzo Tortora dedicandogli, un luogo simbolico, una via o una piazza, a San Nicola
Sono passati ventanni ma sembra ieri. Sono passati ventanni dalla scomparsa di Enzo Tortora, grande giornalista e conduttore televisivo, era il 18 maggio del 1988 quando un cancro se lo portò via. Tortora, genovese classe 1928, laurea in giornalismo, carattere spigoloso, è stato il padre di molta televisione di oggi, è stato colui che ha portato la gente comune dentro le trasmissioni, rendendola protagonista a 360 gradi. Ma lo ha fatto non con la tracimante morbosità che molta televisione del giorno doggi usa fare, ma bensì con il tocco elegante e mai volgare che gran parte di quei 28 milioni di telespettatori, che si sintonizzavano sulla seconda rete della Rai il venerdì sera, gli riconoscevano. Già perché il venerdì sera era la serata di Portobello, trasmissione che partì in seconda serata nel 1977 sul secondo canale, per poi approdare grazie allintuizione felice di Massimo Fichera, allora direttore di rete, in prime time dallanno successivo. Un successo clamoroso che anno dopo anno ha portato la trasmissione ad indici di ascolto davvero enormi, facendo aumentare esponenzialmente la celebrità del suo conduttore. Portobello era la rappresentazione della cara, buona, semplice provincia italiana. Tanta televisione, ha attinto da questo programma, tanto per fare qualche esempio: la rubrica del Dove Sei in cui si cercavano persone scomparse, quella dei Fiori Darancio in cui si cercava lanima gemella, quella degli inventori; in sostanza il primo vero people-show. Poi come non ricordare il mitico pappagallo che non ne voleva sapere di pronunciare il suo nome: Portobello ovviamente, solo lattrice Paola Borboni riuscì a farglielo dire durante una celebre puntata.
Ma tutto questo in una livida mattina di giugno del 1983 si doveva bruscamente interrompere, infatti quel giorno Tortora fu arrestato mentre era in un albergo romano; in quel periodo stava conducendo su Rete 4, allora di proprietà Mondadori, una trasmissione elettorale con Pippo Baudo dedicata alle imminenti elezioni politiche. In quella occasione fu messo dinnanzi alla gogna mediatica fatta di telecamere e macchine fotografiche con vergognosi primi piani di braccia ammanettate. Tutti coloro che prima lo osannavano ora gli giravano le spalle tranne alcune rare, anche se prestigiose eccezioni come Enzo Biagi, Piero Angela, Giorgio Bocca, che furono fra i pochi giornalisti che non credettero a quel castello daccuse. Venne poi sbattuto in un carcere con laccusa di associazione per delinquere di stampo camorristico dalla Procura di Napoli, sulla base delle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso detto Gianni il bello, Pasquale Barra, noto come assassino di galeotti quandera detenuto e per aver tagliato la gola, squarciato il petto e addentato il cuore di Francis Turatello, ex capo della mala milanese; infine da altri 8 imputati nel processo alla cosiddetta Nuova Camorra Organizzata.
Trascorrono anni difficili per Tortora fatti di battaglie durissime per dimostrare la propria totale innocenza, battaglie che passano anche per lelezione a deputato al Parlamento Europeo nelle liste del Partito Radicale. Ma al termine di tutto questo interminabile terribile percorso che durerà 4 anni e dopo essere stato il 15 settembre 1986 assolto con formula piena dalla Corte dAppello di Napoli, cè finalmente il ritorno in video, proprio da quel palcoscenico che anni prima era stato costretto ad abbandonare.
E il 20 febbraio del 1987 quando Tortora riappare su Rai Due di nuovo al timone del suo Portobello e come aveva promesso riapre il programma con queste celebri parole: «Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo grazie a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. Lho detto, e unaltra cosa aggiungo: io sono qui, e lo so anche, per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi; sarò qui, resterò qui, anche per loro. Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta».
Tutto però non è più come prima, la salute minata dal dolore che come una bomba atomica gli ha devastato il corpo, lo ha abbandonato; solo il tempo di condurre Giallo un programma nuovo su Rai Due e la fine lo coglie il 18 maggio 1988 per colpa di un tumore. Un tumore che ha i mittenti ben scolpiti sopra.