Droga e tratta di minorenni nel casertano: 62 indagati

di Redazione

 CASERTA. I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Viterbo hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, …

…nei confronti di 62 indagati responsabili a vario titolo di associazione finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione e traffico internazionale di stupefacenti. Un altro provvedimento restrittivo richiesto dall’autorità giudiziaria di Napoli era stato eseguito nel gennaio 2008 in Italia ed all’estero a carico di ulteriori 75 indagati a vario titolo per le medesime fattispecie di reato, mentre altre 29 persone erano state raggiunte, nei Paesi Bassi, Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Nigeria, da un provvedimento olandese emesso nell’ambito di procedimento collegato.

Nel corso delle indagini condotte dai Carabinieri sotto la direzione della Procura Distrettuale partenopea, inoltre, sono stati arrestati in flagranza 49 corrieri, con il complessivo sequestro di 60 kg. di eroina e 118 chilogrammi di cocaina. Complessivamente, i provvedimenti hanno interessato la Campania, il Lazio, il Piemonte, l’Emilia Romagna, l’Umbria e la Lombardia, nonché la Nigeria, la Turchia, la Bulgaria, l’Olanda e la Colombia. Proprio in questo ultimo Paese, grazie alla proficua cooperazione di polizia e giudiziaria instaurata dalla Procura Distrettuale di Napoli e dal Ros con le Autorità locali, con il costante supporto della Procura Nazionale Antimafia, di Eurojust e della Dcsa, sono stati accertati per la prima volta i collegamenti tra i network nigeriani ed i narcòs colombiani. In tale ambito verrà eseguito un provvedimento restrittivo, emesso nell’ambito di un procedimento collegato a carico di 15 cittadini nigeriani e colombiani appartenenti al gruppo fornitore della cocaina, mentre il promotore dell’organizzazione sarà raggiunto anche dalla misura custodiale italiana.

Le indagini sono state avviate dai Carabinieri nel febbraio 2007 in stretta cooperazione con la Polizia olandese, nei confronti di un network transnazionale di matrice nigeriana con base in Castelvolturno, responsabile della tratta di centinaia di donne provenienti dal Paese di origine ed introdotte illegalmente negli Stati dell’area Schengen per essere sfruttate sessualmente. In particolare, nell’ambito della collegata indagine Koolvis, il collaterale organismo olandese aveva accertato la scomparsa di oltre 100 giovani nigeriane che, dopo essere giunte ad Amsterdam, presso l’aeroporto di Schiphol, avevano ottenuto asilo politico dichiarando di essere vittime della tratta di persone. Una volta assistite nei centri di accoglienza per stranieri, infatti, le donne entravano in contatto con i referenti locali del network che le munivano di false identità, organizzandone il successivo trasferimento in Italia, Francia e Spagna ove venivano avviate alla prostituzione.

La collaborazione investigativa e giudiziaria con l’Olanda e gli altri Paesi interessati al traffico, costantemente assicurate dal Servizio di Cooperazione Internazionale e dalla Procura Nazionale Antimafia, si traduceva anche in specifici incontri con i rappresentanti della polizia ed i magistrati di Amsterdam, nel corso dei quali venivano acquisiti reciprocamente gli elementi raccolti nelle rispettive indagini, consentendo di ricostruire l’intera filiera. Durante la fase dell’ingaggio nel Paese d’origine, le vittime contraevano con l’organizzazione un debito di circa 60 mila euro, venendo successivamente trasferite in Ghana, Sierra Leone e Togo ove permanevano anche per un anno, per essere poi introdotte in Europa, sfruttando la legislazione olandese particolarmente all’avanguardia nel settore dell’assistenza alle vittime della tratta.

Le indagini condotte in joint team con la polizia olandese consentivano altresì di documentarne lo sfruttamento sessuale in Italia e negli altri Paesi europei di destinazione, ove il controllo delle vittime veniva assunto dalle cosiddette madames. Di queste è stato possibile documentare pienamente il ruolo all’interno del sodalizio criminale e dall’Italia, spesso, veniva ordinato l’acquisto di altre giovani donne in Nigeria per conto dell’organizzazione, anticipandone le spese di viaggio per la somma di circa 10 mila euro. Alle madames l’organizzazione affidava poi il compito di sorvegliare le ragazze e di avviarle all’esercizio della prostituzione, ricorrendo a metodi di coercizione psicologica e morale quali la sottrazione dei documenti d’identificazione personale in precedenza utilizzati, la segregazione in alloggi gestiti dai sodalizi, il ricorso a riti magico-esoterici di natura voodoo. Totalmente asservite, le giovani donne erano altresì costrette a pagare per l’utilizzo del joint, area sulla quale prostituirsi. Dopo aver localizzato in Italia molte delle giovani donne arrivate clandestinamente dall’Olanda, le indagini hanno documentato come il finanziamento della tratta avvenisse anche attraverso il traffico internazionale di cocaina ed eroina.

La distribuzione del narcotico, introdotto nel nostro Paese con il tradizionale metodo dei corrieri a pioggia, veniva affidata a gruppi di connazionali attivi in particolare a Torino, Brescia, Padova, Verona, Roma e Napoli. Le indagini hanno accertato una situazione di forte conflittualità tra le diverse cellule del network, finalizzata al controllo dello spaccio e dello sfruttamento sessuale delle donne che, nel Paese d’origine, sottoscrivevano un patto di sangue celebrato alla presenza di un santone (pastor). Durante tale cerimonia, che prevedeva anche la parziale mutilazione degli organi genitali, alle donne veniva imposto di riscattare il debito contratto e di ubbidire alla propria madame, pena la morte o gravi ritorsioni nei confronti dei familiari nel Paese d’origine.

Nel corso dell’attività è stato anche documentato il tentativo compiuto dall’organizzazione di prelevare due bambini da un orfanotrofio nigeriano per affidarli ad una madame in Italia, localizzata a Dolo (Pd). Nella circostanza è risultata di particolare efficacia la collaborazione offerta dal collaterale organismo di polizia nigeriano, che, in un caso, ha inequivocabilmente accertato l’illegalità della procedura seguita per l’adozione, con la predisposizione strumentale di falsi documenti ed attestazioni. I gruppi, caratterizzati dalla comune provenienza etnico-tribale e dall’elevata compattezza interna, hanno evidenziato un alto livello organizzativo e di pericolosità, per cui sono stati riconosciuti i caratteri della mafiosità.

La maggior parte delle ragazze trafficate proviene dal Sud della Nigeria (Benin City o Lagos) e tenta di sfuggire ad una situazione di grave precarietà economica, sperando di trovare all’estero migliori condizioni di vita. I proventi illeciti derivanti dalla tratta e lo sfruttamento sessuale vengono rimessi in Nigeria, attraverso corrieri od i canali di money transfer, sia per finanziare la stessa filiera della tratta, sia per il loro reinvestimento in altre attività illecite quali, soprattutto, il traffico di stupefacenti, spesso gestito dalle medesime organizzazioni utilizzando le vittime dello sfruttamento sessuale. Dopo aver documentato l’intera filiera della tratta, dalla fase dell’ingaggio delle vittime nel Paese d’origine, al trasferimento in Ghana, Sierra Leone e Togo, per la successiva introduzione in Europa, la prosecuzione delle indagini ha consentito di individuare nella provincia di Caserta, ed a Castelvolturno in particolare, la principale base operativa del network indagato, accertandone anche gli interessi nel politraffico di droga. In quest’ultimo settore infatti venivano reinvestiti i proventi derivanti dallo sfruttamento sessuale delle vittime, rimessi in Nigeria con metodologie diversificate ed eccedenti le esigenze di rifinanziamento della tratta. La componente casertana indagata è inoltre risultata in contatto con numerose altre cellule di connazionali attive in Turchia, Olanda, Bulgaria, Spagna, Colombia e Perù. Verso la Turchia in particolare è stato monitorato un flusso di denaro originato da alcuni indagati che, attraverso agenzie della Western Union, provvedevano al pagamento dei quantitativi di eroina introdotti nel nostro Paese con il sistema dei cosiddetti corrieri a pioggia.

Nel tentativo di eludere i controlli di polizia alle frontiere Schengen, il sodalizio si avvaleva peraltro diffusamente di cittadini comunitari, spesso di nazionalità bulgara. Anche in questo caso, è stata riprovata la tendenza delle organizzazioni nigeriane a frazionare le importazioni di ingenti quantitativi di narcotico, utilizzando itinerari sempre diversi che, nel confermare la centralità della Turchia come piattaforma di smistamento dell’eroina destinata in Europa, ha evidenziato anche un nuovo canale di approvvigionamento dall’Adzerbajan. Le indagini hanno ancora una volta confermato la spiccata transnazionalità delle organizzazioni nigeriane, presenti nel traffico delle persone e della droga. La complementarietà di questi fenomeni è stata accertata peraltro sulla base di plurimi riscontri: tra questi, la tendenza ad avvalersi delle stesse vittime della tratta per introdurre in Europa il narcotico; il diffuso utilizzo di documenti falsi per entrare in territorio Schengen, eludendo i provvedimenti di espulsione emessi a carico degli indagati; l’ingaggio di cittadini comunitari per agevolare il trasferimento sia dei clandestini sia della droga; l’estrema flessibilità e le forti capacità organizzative dimostrate per realizzare la tratta di persone, alla base anche del rapido affermarsi dei sodalizi nigeriani sugli scenari europei ed extraeuropei del narcotraffico, coltivando rapporti diretti con i cartelli fornitori colombiani e turchi; la propensione a reimpiegare i proventi di entrambe le attività illecite in quei settori commerciali, quali i call center e le rivendite di prodotti etnici che, oltre a garantire una valida copertura ai traffici, agevolano i collegamenti tra componenti attive su scala mondiale; il trasferimento dei capitali all’estero tramite il frazionamento delle operazioni, utilizzando il tradizionale metodo dello spallonaggio o più spesso il circuito delle agenzie di money transfer per ridurre il rischio dei controlli antiriciclaggio. Anche in questa seconda fase delle indagini, è infine emerso il ricorso a metodi di coercizione psicologica e morale nei confronti sia delle vittime della tratta sia dei corrieri nigeriani, quali la sottrazione dei documenti d’identificazione personale in precedenza utilizzati, la segregazione in alloggi gestiti dai sodalizi, il ricorso a riti magico-esoterici di natura voodoo.

Nonostante la complessiva strutturazione in network, ciascun gruppo monitorato è risultato caratterizzato dalla comune provenienza etnico-tribale e da un’elevata compattezza interna, spesso alla base delle forti conflittualità registrate con gruppi rivali appartenenti alle organizzazioni criminali storicamente radicate nelle province di Napoli e Caserta. I sodalizi nigeriani continuano quindi a dimostrarsi meglio organizzati e più flessibili rispetto ad altre consorterie di etnia africana, mentre nel panorama del narcotraffico internazionale, grazie alla capacità di instaurare rapporti con i cartelli fornitori in Colombia e Turchia si sono sempre più prepotentemente affermati sugli scenari europei ed extraeuropei.

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