Terrorismo, indagato imam della moschea di San Marcellino

di Redazione
 SAN MARCELLINO. 26 nordafricani, tutti regolari e i
gran parte algerini, residenti in varie città d’Italia, sono indagati per
associazione a delinquere con finalità di terrorismo. Tra questi c’è anche l’imam
della moschea di San Marcellino, nel casertano.

L’operazione, condotta dalla polizia di prevenzione (Ucigos) e
coordinata dalla Procura della Repubblica di Venezia, ha avuto come epicentro
Vicenza, dove sono state eseguite 8 perquisizioni, per altrettanti indagati, 7
algerini e un nigeriano. Uno di essi era stato già coinvolto a Vicenza
nell’inchiesta su un gruppo Salafita, vicino ad Al Qaida, che nel 2006 aveva
portato a 5 arresti. Persone poi assolte nel processo.

Nel mirino dei
magistrati sono finiti anche due imam, quello di San Marcellino e della moschea
di Via dei Mille a Vicenza. Sarebbe conosciuto come un integralista, che chiede
il rispetto totale delle regole del Corano; fra queste, l’obbligo di dare
assistenza e ospitalità ai confratelli. Proprio il supporto logistico in favore
dei clandestini provenienti dal Maghreb è uno dei punti cardine dell’inchiesta,
che ha portato a perquisizioni in sei regioni, nelle province di Vicenza,
Venezia, Padova, Brescia, Firenze, Caserta, Como, Cuneo e Trento.

Un’indagine “preventiva”
– viene sottolineato negli ambienti dell’antiterrorismo – scattata non sulla
base di prove riguardanti progetti di attentati o azioni dimostrative, ma per
disarticolare una rete che dava assistenza e supporto logistico a clandestini
che potevano così spostarsi in vari Paesi d’Europa. Una base di questa rete,
secondo l’accusa, gravitava attorno all’imam della moschea di San Marcellino.
Agli immigrati venivano offerti ospitalità, assistenza economica e documenti
contraffatti per restare sul territorio nazionale e anche per spostarsi
agevolmente in area Schengen. Agli indagati è infatti contestata anche
l’associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.

Le
perquisizioni hanno portato al sequestro di molto materiale cartaceo e di un
personal computer. Gli indagati, da quanto si è appreso, definivano gli
attentati dell’11 settembre 2001 una “prova” della grandezza dell’Islam e il “martirio”
un modello di lotta, la strada da seguire nel conflitto islam-occidente.

Le
indagini della Questura di Venezia, sviluppate capillarmente anche in ambito
internazionale, hanno documentato il notevole fanatismo ideologico-religioso di
alcuni degli indagati, che auspicavano non solo la caduta dell’attuale Governo
algerino, ma erano anche animati da profondo rancore nel confronti degli
italiani, degli ebrei, e da disprezzo verso la cultura occidentale.

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