Mafia, sequestrati a Palermo 10 milioni di dollari falsi e armi

di Redazione

Gaetano Lo PrestiPALERMO. 10 milioni di dollari falsi, armi e munizioni sono stati trovati dai carabinieri del reparto operativo di Palermo nelle abitazioni di alcuni affiliati alla cosca di Porta Nuova che era capeggiata dal boss Gaetano Lo Presti, suicidatosi in carcere.

A distanza di circa un mese dall’operazione “Perseo”, che ha interrotto il processo di riorganizzazione di Cosa nostra, i carabinieri sono riusciti a individuare nell’abitazione di Fabio Manno, reggente della famiglia di Borgo Vecchio, anch’egli arrestato nella vasta operazione, oggi collaboratore di giustizia, e in quella della zia, sorella di Gerlando Alberti, una enorme quantità di banconote da 100 dollari false nascoste, in parte all’interno di un muretto in cemento costruito da Manno nel garage di casa (oltre 7 milioni di dollari) ed in parte dietro un’intercapedine di un muro presso l’immobile della zia (circa 3 milioni di dollari).

In casa di Manno è stata rinvenuta anche parte dell’arsenale, complessivamente composto da tre fucili (due a canne mozze e uno a pompa), una pistola a tamburo calibro 357 magnum, migliaia di munizioni e anche una divisa da carabiniere. Arsenale che, probabilmente, aveva conservato il boss Lo Presti per far fronte alle crescenti necessità di denaro per il mantenimento dei detenuti e in previsione di una nuova guerra di mafia. Sulle armi sono stati avviati accertamenti balistici per verificare se in passato sono state utilizzate in omicidi.

Gaetano Lo Presti, 52 anni, era stato arrestato nel dicembre scorso e si era suicidato poche ore dopo essere finito in cella nel carcere palermitano di Pagliarelli. Il boss aveva vantato con altri mafiosi di avere l’appoggio di Giuseppe Salvatore Riina – figlio del boss Totò Riina – nella scelta che avrebbe dovuto fare per indicare il nuovo capo della commissione provinciale di Cosa nostra. Ma Lo Presti, che si opponeva a Benedetto Capizzi, è stato però smentito da un altro boss, Nino Spera, il quale ha sostenuto che il figlio di Riina per volere della madre era fuori dagli affari della mafia.

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