Poco più di un secolo di vita. Il colosso per eccellenza del settore automobilistico crolla. Il presidente degli Stati Uniti Obama ha annunciato la bancarotta per il gruppo General Motors.
Un’ipotesi scongiurata in due precedenti occasioni (1992 e 2005) in seguito alla forte opposizione del management, ma ora divenuta inevitabile visto il deteriorarsi del mercato e l’ormai compromessa situazione della società sulla quale grava un debito di decine e decine di miliardi di dollari a cui si sono aggiunti la crisi subprime e la recessione che ha messo in ginocchio l’economia mondiale, insieme alla crescente concorrenza, che hanno infatti dato il colpo di grazia alle già provate casse di Gm lasciandole quasi a secco.
Attualmente Gm conta su 230.000 dipendenti e produce 20.000 auto al giorno: secondo alcuni osservatori la prima conseguenza della bancarotta sarà la perdita di 40.000 posti lavoro, di cui 30.000 negli Usa e 10.000 fuori dai confini nazionali.
Dall’inizio del 2009 Gm ha ottenuto 19,4 miliardi di dollari. Fondata nel 1908 su iniziativa di W.C.Duran, Gm ha trascorso gli ultimi 20 anni fra alti e bassi, alla prese con una crescente concorrenza, fra alleanze e rotture e a difendersi dai competitori asiatici che, alla fine, sono riusciti a strapparle lo scettro di prima casa al mondo.
Il futuro di Gm fino al 2007 era nelle mani del presidente e amministratore delegato Rick Wagoner, che la guidava dal 2000, dopo quasi un’intera carriera trascorsa al suo interno (vi era approdato nel 1977), e che ne ha lasciato le redini su richiesta dell’amministrazione Obama in marzo.
Artefice dell’alleanza con Fiat nel 2000, Wagoner è considerato l’uomo simbolo della crisi di Detroit: nei suoi otto anni alla guida della società il titolo Gm ha perso circa il 98% del suo valore.