Sempre più violenza e spirito di autodistruzione fra i giovani

di Raffaele De Biase

 AVERSA. Nel giro di meno di 24 ore, a San Marcellino, un giovane di 24 anni sparava ad un suo coetaneo ferendolo alle gambe e all’inguine e, a Sant’Antimo, un quattordicenne veniva accoltellato da un altro ragazzo al torace e ora versa in prognosi riservata al Cardarelli.

Poco prima, ad Aversa, nella centralissima via Diaz, una rissa selvaggia con protagoniste cinque donne, fra queste la partecipazione anche di due minorenni. Per non parlare dei tafferugli all’ordine del giorno nei pressi dei bar dell’Agro più frequentati dai giovani, ora liberi dalla presenza scomoda della scuola.

Cosa sta accadendo? Non credo sia giusto continuare a classificare queste vicende come meri aneddoti attinenti all’esclusiva sfera dell’ordine pubblico. Né mi pare sia opportuno accedere a visioni buoniste, secondo cui i protagonisti di tali accadimenti siano sempre espressione di una minoranza marginale o da emarginare. C’è qualcosa di diverso e di più profondo.

Credo che ormai la società dell’Agro aversano stia pagando il prezzo dell’abdicazione a quegli elementi cardine di ogni contesto sociale, una volta ancorati a ben altri valori e criteri di condotta. Non vorrei sposare una visione semplicistica del fenomeno violenza minorile, ma ritengo sia ormai giunto il momento di iniziare a porci delle domande non più eludibili. La famiglia come luogo di confronto e di condivisione esiste ancora? La scuola come contenitore di analisi, approfondimento e discussione all’insegna del rispetto del prossimo svolge ancora il ruolo di formazione a cui dovrebbe essere preposta? I media si adoperano sufficientemente nel dar conto dei processi evolutivi e soprattutto involutivi che pervadono la società? Non penso di poter passare per disfattista se a queste domande rispondo con altrettanti no.

L’imbarbarimento ormai è dinanzi a noi. E’ affianco a noi quando addirittura è con noi. E spesso si insinua subdolo nelle nostre menti come un assenzio che modifica le coscienze in maniera tanto seducente quanto letale. Il risultato, talvolta, è violento e assume le forme di una coltellata vibrata o di un precipitare da un balcone. In altri casi si dispiega lentamente attraverso una morte interiore che passa tra psicofarmaci, alcool e una vita randagia celata dall’ipocrita sipario del “va tutto bene”. E invece non va bene nulla e quando lo ammettiamo a noi stessi, prima che agli altri, gli altri già lo avranno saputo che nulla andava bene. Allora spazio alle lacrime e alle celebrazioni postume. “In fondo era un bravo ragazzo…” oppure “Era una splendida ragazza…” e così via… E poi… the show must go on … Sì d’accordo …ma come?! Continuando a sopravvivere a noi stessi senza porci nessuna di quelle domande che probabilmente potrebbero contribuire a salvare la pelle a qualcuno? La politica poi…quella che proprio dei destini del sociale dovrebbe fare la propria quotidiana preoccupazione si perde nelle sue prosaiche liturgie.

Ormai è estate, la musica risuona forte nelle strade e la nostra anima soffoca.

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