Corruzione, arrestato il soprintendente Enrico Guglielmo

di Redazione

Enrico GuglielmoNAPOLI.Quattro arresti e sette interdizioni dall’esercizio della libera professione. E’ il bilancio dell’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Napoli nell’ambito di un’inchiesta su corruzione e turbativa d’asta presso la Soprintendenza.

Il Giudice per le indagini preliminari ha, in particolare, disposto l’applicazione degli arresti domiciliari nei confronti dell’architetto Enrico Guglielmo, 63 anni, all’epoca dei fatti Soprintendente per i Beni Architettonici di Napoli, attualmente Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Caserta e Benevento, al quale sono stati contestati i delitti di associazione a delinquere, di corruzione, di falso ideologico e di turbativa di gara. La stessa misura cautelare è stata applicata anche nei confronti dell’imprenditore Luigi Lucci, 54 anni, anch’egli accusato di corruzione, dell’architetto Gianluca Guglielmo, 41 anni, nipote del Soprintendente Guglielmo, e dell’ingegnere Mauro Fusco, 50 anni, collaboratore esterno della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli. E’ stata, invece, disposta la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione di architetto nei confronti degli architetti Giuseppe Monaco, 52 anni, Giuseppe Taccogni, 44, Michele Barone Lumaga, 54, Massimo Panarese, 39, Monica Pisani, 48, tutti di Napoli, Valentina Salvi, 39, nata a Salerno, e Teresa Tauro, 53, nata a Castellana Grotte (Bari).

Le indagini hanno avuto origine da alcuni esposti che con modalità assai particolareggiate evidenziavano l’esistenza di collusioni tra il soprintendente Guglielmo e l’imprenditore Luigi Lucci (al quale fanno capo varie imprese specializzate nel settore dei Beni Culturali) che veniva sistematicamente favorito nell’aggiudicazione di appalti di ingente valore. Sono state così avviate articolate indagini nel corso delle quali sono state raccolte dichiarazioni di pubblici ufficiali che operano nel medesimo settore ed è stato effettuato un capillare servizio di intercettazione telefonica ed ambientale.

Nel corso delle investigazioni sono state inoltre eseguite perquisizioni domiciliari presso uffici ed abitazioni di pubblici ufficiali e di professionisti: la documentazione sequestrata è stata successivamente analizzata sia dalla Polizia Giudiziaria che da consulenti tecnici individuati dall’autorità giudiziaria tra i funzionari in servizio presso l’Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici.

Dall’insieme degli elementi raccolti è emerso un grave quadro indiziario nei confronti del Soprintendente Guglielmo che, secondo la ricostruzione accusatoria, ha rappresentato per anni il punto di riferimento di una molteplicità di interessi illeciti e ha piegato le proprie attribuzioni a finalità di arricchimento personale. Innanzitutto, dalle indagini sono emersi rapporti privilegiati tra Guglielmo e Lucci, al quale è stato sostanzialmente consentito di esercitare una stabile egemonia nelle aggiudicazioni e negli affidamenti relativi agli appalti ricompresi nel “Pit Campi Flegrei”. Ciò è risultato, in particolare, in relazione alla gara per il restauro e la valorizzazione del Castello di Baia (bandita nel 2002 per un importo pari ad oltre 12 milioni di euro), in ordine alla quale gli accertamenti tecnici hanno dimostrato che – nonostante fossero state riscontrate anomalie nell’offerta della “Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni s.r.l.” – il Soprintendente Guglielmo si era adoperato affinché la gara medesima fosse aggiudicata all’impresa di Lucci.

In altre occasioni il Soprintendente aveva consentito che imprese riconducibili, direttamente o indirettamente, a Luigi Lucci venissero invitate e comunque partecipassero alle medesime gare per l’aggiudicazione di lavori, determinando in tal modo un’obiettiva alterazione della regolarità della procedura (si fa riferimento, ad esempio, ad una gara relativa al Real Albergo dei Poveri di Napoli e ad un appalto relativo al Sito Reale Borbonico di Portici).

Infine, gli inquirenti hanno accertato che il Soprintendente ha spesso esercitato la propria consolidata influenza anche nell’ambito della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli – dove in passato aveva lavorato – per orientare le scelte dei funzionari in favore delle imprese di Lucci. Va anche sottolineato che l’imprenditore aveva realizzato un illecito edilizio in zona vincolata sotto il profilo archeologico senza che fossero adottate iniziative nei suoi confronti, anche con riferimento al mantenimento di rapporti contrattuali con la stessa Soprintendenza.

Attraverso approfonditi accertamenti bancari si è, inoltre, accertato che Lucci ha anche ricompensato Guglielmo per la costante strumentalizzazione del proprio ufficio in suo favore attraverso l’erogazione di una quota (pari a poco meno di 40mila euro) della provvista finanziaria utilizzata per acquistare un’imbarcazione, mascherandosi la complessiva operazione attraverso molteplici trasferimenti bancari di somme di denaro che hanno coinvolto anche altre persone.

Ulteriori aspetti di illiceità emersi dalle indagini riguardano le costanti interferenze di Guglielmo nelle procedure di gara per l’affidamento di determinati incarichi professionali; concordando, infatti, con i partecipanti alla gara l’importo dei ribassi, egli riusciva ad assicurare che tali incarichi venissero assegnati a soggetti a lui collegati: si fa riferimento alla gara per l’affidamento dell’incarico di “responsabile per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di adeguamento del sistema antincendio del Palazzo Reale di Napoli”, a quella per l’affidamento dell’incarico di “coordinamento per la sicurezza dei lavori di restauro del Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli” e – ancora con riferimento al Castello di Baia – a gare per l’affidamento di incarichi professionali in relazione all’allestimento delle sale museali, al restauro del Padiglione Cavaliere, al completamento degli scavi archeologici. Anche in relazione a tali illeciti, dalle investigazioni è emerso che Guglielmo ha ricevuto compensi indebiti e che ciò è avvenuto attraverso l’emissione di fatture per prestazioni inesistenti da parte della “Studio 3 s.a.s.”, società di servizi – ubicata in locali di proprietà di Guglielmo – di cui il Soprintendente è risultato socio occulto: in particolare, egli ha ricevuto da taluni professionisti dazioni di somme di denaro che in modo fittizio sono state correlate al pagamento di prestazioni effettuate dalla menzionata società di servizi, come nel caso di una dazione di 33mila euro, costituenti il corrispettivo della complessiva attività contraria ai doveri d’ufficio posta in essere da Guglielmo, il quale aveva autorizzato – per quanto di competenza della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli – gli interventi previsti nel progetto che lui stesso aveva realizzato per il restauro di Palazzo d’Avalos e che risultava formalmente redatto da altro architetto per conto della società “Vasto Srl”.

E’ da evidenziare, infine, che un decisivo apporto alle indagini è stato fornito dai servizi di intercettazione telefonica che, anche in questo caso, si sono rilevati strumenti indispensabili e insostituibili per l’accertamento delle responsabilità nelle complesse investigazioni riguardanti i reati contro la Pubblica Amministrazione.

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