Chiude la Clinica San Paolo, licenziati i dipendenti

di Antonio Arduino

Clinica San PaoloAVERSA. Cinquemila interventi in ricovero ordinario, centinaia di interventi in day hospital (compreso quello oculistico, l’unico presente nall’Asl Caserta), cinquecento nascite registrate: questi sono i numeri che quantificano l’attività annuale della Casa di Cura San Paolo che da lunedì 12 ottobre ha chiuso i battenti.

Assieme allo stipendio del mese gli oltre 50 dipendenti hanno ricevuto una comunicazione di licenziamento che mette sul lastrico altrettante famiglie. E’ la conseguenza del provvedimento di sospensione della convenzione firmato quindici giorni fa dal commissario straordinario dell’Asl Caserta Antonio Gambacorta, adottato – vale la pena ricordare – anche per altre strutture sanitarie della provincia a seguito di controlli effettuati dai Nas.

I carabinieri addetti alla tutela della salute avrebbero rilevato il mancato adeguamento delle case di cura alle norme fissate dal decreto regionale 7301 del 2001 che detta i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte di strutture pubbliche e private. Una condizione che sarebbe comune, e verificabile se venissero effettuati i controlli, all’80 per cento delle case di cura convenzionate campane, con la punta massima a Napoli e nel napoletano dove solo 2 su 34 strutture convenzionate sarebbero in regola. Stando a quanto affermato dei rappresentanti del sindacato dell’ospedalità privata Aiop che pochi giorni fa hanno partecipato a un incontro tenuto presso la prefettura di Caserta per trovare una soluzione ai problemi creati dalla sospensione dell’accreditamento.

“Nelle nostre strutture – hanno ricordato nell’occasione i rappresentanti dell’Aiop riferendosi in particolare alla casa di cura aversana – sono attualmente in corso i lavori di adeguamento imposti dalla legge 7301”.“Lavori che hanno subito ritardi nei tempi di esecuzione legati – ricordano – alla complessità delle norme da rispettare ma sopratutto alla difficoltà di fare fronte ai costi per la mancanza di liquidità creata dai notevoli ritardi nell’erogazione dei crediti maturati dalle strutture nei confronti della Regione con l’attività assistenziale garantita”. Di conseguenza la Regione avrebbe grosse responsabilità sul ritardato adeguamento alle norme della legge 7301 delle case di cura che, proprio a causa del mancato completamento dell’adeguamento – essendo i lavori in corso – hanno subito la sospensione della convenzione e la, conseguente, mancata autorizzazione sindacale ad esercitare attività sanitarie che ha comportato la chiusura delle strutture e il licenziamento del personale. Il danno e la beffa.

Un dato di fatto che, come sottolineato dal senatore di Forza Italia Pasquale Giuliano nel corso della riunione tenuta in prefettura, da un lato determina una diminuzione dell’offerta sanitaria in un territorio che è già in grosse difficoltà per i problemi di personale ancora irrisolti del pronto soccorso dell’ospedale cittadino. Dall’altro, inevitabilmente, fa crescere la spesa sanitaria per la necessità di trasferire i pazienti verso altre regioni dove le loro richieste assistenziali possono trovare risposta. Due motivazioni che già da sole dovrebbero imporre al commissario straordinario, quanto meno, una rivalutazione del provvedimento adottato che ha come unico effetto quello di cancellare il diritto alla salute garantito dall’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana.

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